1990. Incidente a Bristol. Muore il campione offshore François Salabert

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1990, n. 5, luglio, pag. 106-107.

Benvenuti nella sezione speciale “BAM 35 Anni”. Vi stiamo presentando gli articoli “cult” tratti dall’archivio di Barche a Motore, a partire dal 1990. Un viaggio nel tempo tra storie introvabili oggi, anche nel grande mare di internet! Un tuffo nel mondo dei momenti epici della nautica a motore. Ecco una delle storie che ci ha appassionato di più.


Morte a Bristol

Da Barche a Motore 1990, n.5, luglio, pag. 106-107.

Ennesima tragedia motonautica a Bristol. Nella seconda prova del mondiale di formula 1 muore il campione francese François Salabert. La gara continua e vince l’italo inglese Mike Zamparelli.

François Salabert aveva 43 anni. Lascia una moglie, due figli e molti amici. È morto durante una gara di formula 1 a Bristol, come molti altri piloti muoiono nei circuiti di tutto il mondo. Ma nella “fossa” di Bristol sono morti in troppi. Noi non possiamo addentrarci nei meandri della psicologia umana e capire perché un uomo decida di mettere in gioco la propria vita in una sfida che troppe volte sfugge al suo controllo psico-fisico. Non vogliamo neppure fare della retorica e dimostrarci scandalizzati per l’assurdità e l’inciviltà di certi sport che mettono a repentaglio la vita di chi li pratica. Ci sono molti modi di vivere e di morire. Ci sono scelte razionali e irrazionali fatalità, ma a nessuno è lecito di giocare con l’altrui destino. A Bristol non ci sono libere scelte o amare fatalità. A Bristol c’è un circuito delimitato da alti e spessi moli di cemento. Quando si perde il controllo dell’imbarcazione – e correndo a velocità che sfiorano i 200 km/h, capita – si rischia di finire la corsa sul cemento e con la corsa, la vita. A Bristol sono morti 10 piloti in 14 anni e si continua a correre. Perché la corsa fra i docks è eccitante. Perché ci sono 200.000 spettatori che accorrono per vedere la gara, ma anche per vedere l’incidente mortale. È una verità che ripugna e che nessuno ammetterebbe, ma è verità. Sono passati duemila anni da quando gli antichi romani si affollavano sugli spalti delle arene a vedere e a reclamare il sangue dei gladiatori. Duemila anni passati inutilmente se ancora questi sono i divertimenti di un popolo che osa definirsi civile. Ancora più raccapricciante è l’indifferenza con la quale, non solo in motonautica, ma in tutti gli sport motoristici, si assiste alle ricorrenti tragedie e le si commenta quasi con un senso di fastidio. Un deprecabile intoppo organizzativo. Sul quotidiano sportivo francese l’Equipe di martedì 12 giugno è apparso un breve trafiletto dal titolo “François Salabert se tue”: si uccide. Si uccide o viene ucciso ?

François Salabert, 43 anni, sarà l’ultima vittima del terribile circuito di Bristol?

Garanzie di sicurezza o a Bristol non si correrà più

Domenica 10 giugno il Presidente della Commissione Sportiva Internazionale Claudio Procaccini di Monsanvito era presente sul campo di gara teatro dell’ennesima tragedia. Gli abbiamo chiesto quali passi intende compiere per porre fine a questo stillicidio di vite umane. “Il Comitato Centrale dell’Unione Internazionale Motonautica si riunirà a Leningrado in luglio in occasione della gara di formula 1. Era già in programma una discussione su i principali temi riguardanti la sicurezza in circuito. Ho già chiesto di inserire all’ordine del giorno il caso Bristol. Chiederemo che vengano introdotte delle severe misure di sicurezza, come per esempio l’adozione di una protezione di gomma gonfiata nei punti più pericolosi dei docks. L’atteggiamento dei rappresentanti italiani al Comitato Centrale sarà intransigente. Se non verranno adottati i provvedimenti richiesti per dare una ragionevole sicurezza al circuito, voteremo per l’esclusione di Bristol da ogni futuro appuntamento internazionale. Il mio parere di appassionato motonauta è però che si deve cercare di salvare questa gara. Il circuito di Bristol, nel suo anomalo sviluppo a “S” è estremamente interessante da un punto di vista motonautico per l’abilità di guida e l’impegno che richiede al pilota. Chi vince a Bristol è sicuramente un campione. Naturalmente questo non basta a giustificare rischi eccessivi per l’incolumità personale. Il problema della sicurezza è sempre al primo posto nei nostri pensieri. Vedremo come conciliare questi problemi con la volontà di tenere in vita la più affascinante corsa del mondo”.

La gara

L’italo-inglese Mike Zamparelli ha vinto proprio di fronte a casa sua la seconda prova del campionato del mondo di formula 1. Alla gara di Bristol risultavano iscritti 23 piloti in rappresentanza di sette nazioni. Si è così dovuto ricorrere a delle prove di qualificazione per ridurre i concorrenti al numero di 14, quanti ne può ospitare, per motivi di sicurezza, il terribile circuito che si snoda a “S” tra le banchine di cemento. Cappellini e Bocca ce l’hanno fatta a qualificarsi per la finale. Chiappa ha dovuto accontentarsi di fare da spettatore. Alla partenza della finale è scattato in testa Steve Kerton, mentre il solito spettacolare Cappellini si esibiva in una grande rimonta, raggiungendo il secondo posto. Al quarto giro la corsa veniva interrotta a causa del tragico incidente capitato a Salabert. Il campione francese perdeva il controllo del suo scafo e andava a sbattere violentemente di prua contro il molo di cemento. Malgrado la capsula di sicurezza che tante vite ha salvato in questi ultimi anni, l’urto è stato fatale. Qualcosa non ha funzionato. La Commissione d’inchiesta ce lo dirà. La morte di un protagonista della gara non è causa sufficiente per la sua sospensione e i piloti si sono quindi riallineati per la ripresa della corsa. La nuova partenza vedeva scattare al comando Zamparelli che teneva sotto controllo gli avversari fino al traguardo finale. Ancora buona la prestazione di Cappellini che terminava in terza posizione. Non riusciva invece ad andare a punti lo sfortunato Fabrizio Bocca, giunto settimo. Grande soddisfazione nel clan di Cappellini per le prestazioni dei catamarani usciti dal suo cantiere: un primo, un terzo e un settimo posto. Non c’è male per un cantiere giovane come la DAC Racing.

Steve Kerton (5), Guido Cappellini (44) e Don Johnston (1) in attesa della nuova partenza dopo il tragico incidente.

Zamparelli racconta

Fin da sabato mi sono accorto di avere meno problemi meccanici di quanti ne abbia mai avuti. Le ultime prove prima della gara confermavano le mie sensazioni. La barca andava così bene che sembrava diversa dal solito. Pur partendo col secondo gruppo a 5″ dai primi a causa della cattiva posizione ottenuta nelle prove di qualificazione, dopo pochi giri ero già risalito in quinta posizione. A questo punto c’è stato l’incidente a Salabert. La gara è stata interrotta e mentre attendevamo il nuovo segnale di partenza, parlando con Guido gli confidavo che la barca era un sogno. Gliel’ho dimostrato non appena sul semaforo è apparso il verde. Ho acceso il motore, ho schiacciato il piede sull’acceleratore e sono partito. Navigando in mezzo al circuito, per quanto mi voltassi a destra e a sinistra, non riuscivo a scorgere nessuno. “Dove sono finiti ?”- mi chiedevo. Eppure ero sicuro di aver visto il segnale di partenza. Dovevo essere schizzato via come una palla di fucile. Alla prima virata ho finalmente scorto gli inseguitori e mi sono detto “Ragazzi, fatemi godere questo momento. Non capita tutti i giorni trovarsi in testa ad una corsa di formula 1.”A un terzo della gara, le posizioni si erano stabilizzate. Avevo due o tre barche alle calcagna, ma, tenendo quell’andatura, potevo controllare bene la situazione. È incredibile quanto sia facile correre stando in testa. I primi dieci giri erano volati via senza quasi che me ne accorgessi. Nei secondi dieci giri le acque del circuito erano diventate un po’ troppo mosse e i continui sussulti dello scafo mi davano l’impressione di guidare un’auto che correva sui cerchioni. Gli inseguitori mi stavano sempre più sotto e io mi sentivo sempre più stanco. Il pensiero fisso era di arrivare all’ultima boa. Ero convinto che mancassero ancora due giri, ma quando passai davanti alla linea del traguardo, mi accorsi che stavano sventolando una bandiera a scacchi. “Dio mio – mi sono detto – è finita, ho vinto!” Ero felice per me, ma anche per l’amico Cappellini che era arrivato terzo e aveva la soddisfazione di veder vincere una sua barca.

Di Riccardo Magrini


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