2003. Carlo Nuvolari: ecco come nascono le mie barche

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2003, dicembre-gennaio, n. 11, pag. 70-73.

Benvenuti nella sezione speciale “BAM 35 Anni”. Vi stiamo presentando gli articoli “cult” tratti dall’archivio di Barche a Motore, a partire dal 1990. Un viaggio nel tempo tra storie introvabili oggi, anche nel grande mare di internet! Un tuffo nel mondo dei momenti epici della nautica a motore. Iniziamo da una delle storie che ci ha appassionato di più.


Barche Mon Amour

Da Barche a Motore 2003, n.11, dicembre-gennaio, pag. 70-73.

Come si sviluppa e nasce l’idea di una barca, La difficoltà per realizzare un progetto, la passione che permette di superarle. Carlo Nuvolari Duodo, uno dei due soci dello studio Nuvolari & Lenard, rivela che cosa succede dietro le quinte.

Ecco alcune date significative per percorrere tappe importanti nella vita e nella carriera di Carlo Nuvolari Duodo. 1960. Nasce a Venezia Carlo Nuvolari Duodo. Alla fine degli anni ’80 si laurea a Trieste in Ingegneria navale. 1989. Firma il primo progetto, un Fastline 38′, imbarcazione che viene costruita in Australia con successo, ma rimane poco nota nell’emisfero boreale. 1990. A Zerman, un piccolo paese fra Treviso e Venezia, insieme a Dan Lenard apre lo studio di progettazione Nuvolari & Lenard. 1994. Nasce il Sarnico 45, il primo dei progetti per i Cantieri di Sarnico, al quale seguirà il Sarnico 65, ammiraglia della gamma. 1998. Firma Baronessa, un megayacht di 59 metri per Palmer Johnson, cantiere statunitense specializzato in megayacht in alluminio. Baronessa fa scalpore per il design accattivante. 2000. Continua la collaborazione con Palmer Johnson. È la volta di Mostro, un motoryacht di 35 metri. 2003. Il presente della cantieristica italiana vede ancora i Cantieri di Sarnico fra i clienti dello studio. È un Sarnico 50 il progetto più recente dello studio.

Carlo Nuvolari Duodo e Dan Lenard. Sono i soci dello studio Nuvolari & Lenard di Zoman, in provincia di Treviso. Architetto navale il primo, designer il secondo. “Realizzare un progetto è un lavoro in team perché la barca è un mezzo, come un’ automobile o un aereo, – esordisce Carlo Nuvolari – un insieme di fattori di successo che non dipendono solo dalla sua bellezza”. E il gusto per il bello ha una grossa valenza in quest’attività: per Nuvolari la passione con la quale affronta ogni progetto è infatti unita al desiderio “di fare una bella barca”, rivela senza troppi giri di parole. Come nasce il matrimonio fra i due architetti? Un incontro avvenuto a un salone nautico, rinsaldato dalla passione comune per il mare: “vado in barca appena ho cinque minuti di tempo e Dan fa lo stesso”. È un sodalizio che dura dal 1990, con risultati che parlano da soli: fra i costruttori committenti lo studio annovera Cantieri di Sarnico, Crn, Carver Yachts, Cantiere Nautico VZ, Raffaelli, per citarne solo alcuni, oltre ai progetti custom di megayacht. “La nostra combinazione ha funzionato dall’origine. Credo sia difficile fare quest’attività in due perché il design è una cosa soggettiva e l’ego è fondamentale. Noi vendiamo un prodotto piuttosto complesso, fatto non solo di design e stile, ma facciamo tutta la barca e vendiamo anche l’ingegneria, l’architettura navale e gli interni. Siamo insomma complementari”. Bisogna tornare indietro di 14 anni per risalire al primo progetto di Carlo Nuvolari, una barca di 38 piedi. “Ho capito che in quegli anni non era il caso di tentare di andare da un cantiere con il mio disegno sotto il braccio e, nemo profeta in patria, sono andato in Australia. Da italiano è stato abbastanza facile. Ho trovato un cantiere che faceva delle ottime barche dal punto di vista della qualità, ma non dello styling, e ho venduto un progetto. Li ho convinti che dovevano migliorare alcuni aspetti e ho realizzato una barca poco nota qui”. Da qui all’apertura dello studio il passo è stato breve.

Carlo Nuvolari, socio del noto studio Nuvolari & Lenard.

Serie e Custom

Oggi l’attività è divisa in due filoni principali: le barche grandi e la serie, “due mondi completamente diversi. La serie è un lavoro molto appassionante, dove bisogna guardare molto al futuro perché investimenti e stampi sono molto costosi. Richiede un grande sforzo progettuale e un carico di responsabilità non indifferente, perché l’azienda pretende di sapere se quello che stiamo progettando oggi, sarà quello che il mercato cercherà fra cinque anni. Il rapporto è diretto con il cantiere e agiamo da ufficio sviluppo e stile. Individuata l’idea, si scelgono dei filoni da seguire nell’ambito di una linea. Va da sé che non tutte le proposte sono accettate. Può anche succedere che, per barche di serie oltre i 70′, dove è possibile una personalizzazione, lo studio svolga il ruolo di project manager per conto dell’armatore”. Diverso il discorso per le barche grandi per le quali la richiesta arriva dall’armatore. “Studiamo il progetto con il cliente, selezioniamo 2/3 cantieri e si costruisce la barca in base alle offerte ricevute. Il rapporto con l’armatore è più che mai basato sulla fiducia. Vuole un referente e vuole la barca. Può anche succedere che sia il cantiere a commissionare il progetto, come nel caso di CRN con Magnifica e Kooilust Mare, megayacht in acciaio, uno di 43 e l’ultimo di 46 metri. Un altro rapporto di vecchia data per megayacht è quello con il cantiere americano Palmer Johnson: “sono nati Baronessa, un 59 metri dal design particolare e un 120′ in alluminio, costruzione nella quale sono specializzati. A Fort Lauderdale è stato presentato in anteprima un aggressivo express di questa taglia”.

Alcune delle barche realizzate dallo studio Nuvolari & Lenard. In alto a sinistra il Dominator 65 (2002). Sotto, il VZ 18 (1993). A destra, il Sarnico 65 (2002).

Un percorso in salita

Tutto oro quel che luccica? Non sempre. Anche in questa professione si incontrano ostacoli lungo il percorso. Senza vincoli la creatività non avrebbe forse confini, perché, in linea generale, il progettista sa bene cosa vuole disegnare. Diventa difficile quando l’armatore o il cantiere presumono di sapere ma non è vero e allora bisogna identificare l’oggetto da fare. Talvolta un’idea viene accettata in parte, squartata e il progetto perde le sue proporzioni. “In yacht di grandi dimensioni capita che ci siano troppi consulenti a scapito di una visione globale del progetto. Si rischia in questo caso di perdere l’equilibrio che rende quella barca un buon prodotto; ci vuole una mente che tenga unito tutto, ma spesso non accade. Inoltre, la mancanza di tempo per decidere imbroglia ancor di più la matassa”. Ma chi è il cliente ideale? “Chi ama il prodotto, lo sogna e sa quello che vuole per migliorare la sua idea, altrimenti sono costretto a partire da zero” E come vede il futuro Carlo Nuvolari? In un momento in cui la nautica sembra essere una mosca bianca nel panorama economico mondiale, Nuvolari vuole essere cauto nelle previsioni. “Il mercato si è molto sviluppato, ma i luoghi dove utilizzare le barche non sono infiniti”. Ma quanto incide il design sul prezzo di una barca? A volte molto, ma si viene ripagati quando si rivende la barca, magari dopo 30 anni. Il design ha un peso sul valore commerciale della barca nel tempo. “Come tutti gli oggetti costosi di qualità deve anche avere un aspetto formale che rifletta questa caratteristica”. In sintesi, chi più spende, meglio spende. Se concepire una barca non è semplice, inventare qualcosa di nuovo lo è ancora meno. Oggi per realizzare una barca “bisogna trovare il giusto compromesso fra lo spazio, che comporta peso, e le prestazioni, che sono l’opposto. I cambiamenti si vedono: a parità di lunghezza, oggi le barche hanno interni impensabili solo 30 anni fa”. Dove intervenire allora? “Il trasferimento della potenza all’acqua, il funzionamento delle eliche dipendono da fenomeni fisici. Qui non è possibile fare nulla e si può quindi giocare solo con l’efficienza indipendentemente dal carburante. Anche in questo ci sono dei trend: dalla propulsione diesel elettrica alle costose turbine a gas. Nello sviluppo delle carene plananti molto è stato fatto dagli americani a metà del secolo scorso; oggi ci sono state più innovazioni nei materiali, più sofisticati e meglio usati, le barche pesano meno e corrono più veloci”. Anche la sicurezza è un problema sentito, ma “difficile da giudicare da parte dell’utente che oggi è più preparato, ma ancora lontano dal livello di consapevolezza delle auto che conosce molto bene, perché la nautica è ancora un mondo piccolo”. E i progetti futuri? “Un 60 metri in acciaio per un armatore, un 130 e un 140 piedi custom”. E il gioco continua.

 

di Gabriella Cottignoli


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