2012. Il marchio Riva acquistato dai cinesi

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2012, n. 2, maggio, pag. 58-67.

Benvenuti nella sezione speciale “BAM 35 Anni”. Vi stiamo presentando gli articoli “cult” tratti dall’archivio di Barche a Motore, a partire dal 1990. Un viaggio nel tempo tra storie introvabili oggi, anche nel grande mare di internet! Un tuffo nel mondo dei momenti epici della nautica a motore. Ecco una delle storie che ci ha appassionato di più.


Il marchio Riva acquistato dai cinesi

Da Barche a Motore 2012, n.2, maggio, pag. 58-67.

Un pezzo di storia del “made in Italy” se ne va in mano ai cinesi. Il mito Riva continuerà? Il futuro fa ben sperare.

La notizia era nell’aria già prima che venisse ufficializzata dai diretti interessati: Shandong Heavy Industry Group-Weichai Group, produttore cinese di scavatrici e trattori, ha rilevato la maggioranza di Ferretti Group. E con lui, nelle mani dei cinesi, finisce anche Riva, uno degli otto marchi del gruppo forlivese, ma soprattutto una delle icone del made in Italy, non solo nella nautica e non solo nel nostro Paese, tant’è che nel corso della sua storia, il celebre marchio è passato attraverso diverse proprietà straniere finché, ironia della sorte, proprio Ferretti lo riportò in Italia. Ora, se il glorioso cantiere del lago d’Iseo sia arrivato al capolinea è presto per dirlo, però, anche ripercorrendo la sua storia, consola notare come spesso, proprio dal passaggio in mani straniere, sono nate barche dal grande fascino e una stagione progettuale, quella degli anni Ottanta, ricca di modelli che a guardarli oggi, possono essere incasellati al fianco dei mitici Aquarama senza sfigurare minimamente. Un altro insegnamento che fa ben sperare per il futuro ci arriva dall’industria automobilistica che, sappiamo, in campo motoristico detta i trend con largo anticipo. Quanti non si sono messi le mani nei capelli quando due brand storici dell’industria automobilistica inglese come Jaguar e Range Rover sono stati acquisiti dall’indiana Tata? Eppure entrambi sono risorti con modelli ben più belli e tecnologicamente raffinati, soprattutto per la casa del giaguaro, di quanto la gestione Ford non avesse saputo fare. E lo stesso vale per la proprietà cinese di Volvo.

Un Riva Aquarama in navigazione.

Se quindi la nuova gestione saprà rispettare le tradizioni e la cultura dei prestigiosi marchi che l’acquisizione del Gruppo Ferretti le ha consegnato potrebbe anche essere un affare per tutti: i cinesi della Shandong Heavy vedranno valorizzato il loro investimento, mentre la nautica italiana vedrà alcuni dei suoi marchi più prestigiosi ritrovare nuova linfa e nuovi mercati attraverso la globalizzazione della loro proprietà. Ma qualunque sia il destino di Riva, di sicuro rimarrà negli annali un’impronta indelebile di tutte le barche prodotte dal cantiere che hanno costruito e alimentato il mito di questo marchio, passando fra le epopee sportive e le incantevoli atmosfere della Dolce Vita. Quale migliore occasione per riviverle ora? Ecco quindi la storia Riva, letta attraverso i suoi (pochi) grandi personaggi e i suoi (tanti) modelli, che hanno segnato l’evoluzione del design nautico ma anche delle mode. E pensare che fu una disgrazia a dare inizio alla storia di Pietro Riva, che nel lontano 1842 fu chiamato dalla natia Laglio, sul lago di Como, per riparare alcune barche danneggiate dalla piena del fiume Oglio proprio a Sarnico. Certo non s’immaginava il bravo artigiano che quella sua migrazione avrebbe segnato l’inizio, molti anni dopo, di un mito. Del resto molti anni devono ancora passare: sarà il nipote Serafino Riva ad avere l’intuizione di montare un motore sulle barche da pesca prodotte dal cantiere, mentre la passione per le gare motonautiche lo spinge a studiare carene sempre più veloci a cui suo figlio Carlo saprà dare uno sbocco nella produzione di serie con la creazione della “spider del mare” il primo Riva che, ispirandosi alle barche da competizione, ne addolcisce le linee per diventare un’esclusiva barca da diporto.

Un raduno Riva a Portofino.

Nel 1946 viene presentato il Corsaro, a cui fanno seguito nel 1950 i due modelli che segnano l’inizio ufficiale dello stile che ha la storia dei cantieri Riva: il Tritone e l’Ariston. Il primo è un bimotore di 7,60 m dotato di una piccola cabina sotto la pontatura prodiera, il secondo ne ripropone le soluzioni di coperta su una misura inferiore, 6,24 m, e con un solo motore. L’anno successivo è la volta del Sebino di 4,93 m che sancisce anche l’avvio della produzione di serie individuata da Carlo Riva come la soluzione per abbattere i costi di produzione. Sono tutte barche di legno prodotte in un numero per allora straordinario di esemplari e che nel corso degli anni hanno modificano anche le proprie dimensioni, dando vita al Super Tritone e al Super Ariston. A loro poi si affiancherà il Florida e il Super Florida, fino alla presentazione, nel 1962, del celeberrimo Aquarama,1702, che diventa ben presto l’emblema dei Cantieri Riva e l’icona di una lunga stagione nautica.

I modelli prodotti dal 1946 al 1970.

Sono i numeri che sottolineano la durata di questo periodo straordinario: dal 1950, anno di presentazione dei primi modelli, al 1996 anno in cui fu prodotto l’ultimo Aquarama Special. Nel frattempo però, alla fine degli anni Sessanta, Carlo Riva aveva ceduto il cantiere alla statunitense Whittaker e un paio d’anni dopo anche le cariche direttive erano passate al cognato Gino Gervasoni, al suo fianco fin dagli anni Cinquanta. E in questo periodo che prende l’avvio la produzione di barche di vetroresina, che per un lungo tempo convivono con quelle di legno, avendo però la capacità di creare un nuovo stile senza essere semplicemente la riproposizione in “plastica” dei modelli storici. L’unica eccezione è rappresentata dal Rudy che va a raccogliere l’eredità dello Junior riproponendo i suoi tratti salienti, come del resto il piccolo di casa Riva aveva ereditato dal primogenito Sebino.

I modelli dal 1973 al 1982.

È anche il momento di raggiungere nuovi traguardi in termini di prestazioni e dimensioni, così se il Riva 2000 e il Saint Tropez consolidano la presenza in un ambito già ben presidiato dai modelli di legno, con il 50 Diable e il 50 Superamerica ci si spinge in nuovi segmenti di mercato, sempre sapendone dare un’interpretazione personale che fa subito tendenza. Gli anni Novanta portano una doppia novità. Dopo 41 anni Gino Gervasoni si tira indietro, segnando l’uscita della famiglia Riva dall’azienda e il cantiere viene acquisito dalla Rolls Royce, facendo immaginare la consacrazione grazie alla partnership con il brand emblema del lusso. Niente di più sbagliato, perché nemmeno la blasonata azienda britannica si ritrova in uno dei suoi periodi più floridi e la gestione del cantiere ne risente: ancora una volta sono i modelli a sottolineare la crisi creativa in cui si dibatte il cantiere, nessuno che mera una citazione, con l’eccezione del 32 Ferrari che segna il connubio (solo stilistico, però, perché i motori sono BPM), con un altro marchio storico.

Gli ultimi modelli prodotti dal celebre cantiere.

Ecco perché nel 2000, quando il gruppo capitanato da Norberto Ferretti riacquisisce il cantiere Riva riportandolo in mani italiane, la notizia è accolta con entusiasmo e la presentazione di modelli come l’Aquariva e il Rivarama sottolineano la ritrovata verve progettuale. Adesso c’è solo da augurarsi che la gestione cinese sappia valorizzare questa nuova linfa, ma il fatto che l’intera struttura produttiva rimanga in Italia, così come la progettazione in esclusiva da parte dell’Officina Italiana Design, fa ben sperare per il futuro. Insomma, è un dovere verso un marchio prestigioso e poi, senza il fascino del made in Italy, Riva non sarebbe che un contenitore vuoto.

Il mito Riva nasce e prende forma negli anni Cinquanta e Sessanta ed è indissolubilmente legato ai suoi modelli in legno, che hanno segnato un’epoca.

di Alberto Mondinelli


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