2012. La Liguria in ginocchio dopo la tempesta

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2012, N.1, febbraio, pag 50-55.

Benvenuti nella sezione speciale “BAM 35 Anni”. Vi stiamo presentando gli articoli “cult” tratti dall’archivio di Barche a Motore, a partire dal 1990. Un viaggio nel tempo tra storie introvabili oggi, anche nel grande mare di internet! Un tuffo nel mondo dei momenti epici della nautica a motore. Iniziamo da una delle storie che ci ha appassionato di più.


2012. Maledetto fiume. Abbandonati e in ginocchio

Da Barche a Motore 2012, n.1, febbraio, pag. 50-55.

Foce del Magra, tre mesi dopo Tempesta in Liguria. Chi ha perso la barca, chi l’ha trovata semidistrutta o in mano agli sciacalli, chi ha visto la sua attività nautica andare in fumo. Tra l’indifferenza delle istituzioni.

Da un lato c’è l’alluvione, di quelle che non si vedevano da anni in Liguria, che ha distrutto case, ucciso e modificato per sempre l’assetto idrogeologico del territorio. Dall’altro ci sono le persone e le aziende, che a distanza di oltre tre mesi dalla tragedia dello spezzino, sono cadute nel grande dimenticatoio mediatico. Non si tratta soltanto dei danni “vivi”, ma di una terra in ginocchio, la cui economia, se non si agisce al più presto, resterà irrimediabilmente compromessa. Il territorio che si sviluppa attorno al letto e alla foce del Magra ha sempre vissuto di turismo nautico: gli aiuti da parte dello Stato tardano ad arrivare, c’è chi ha perso la propria barca, chi se l’è vista riconsegnare semidistrutta, chi ha dovuto lottare con gli sciacalli del mare per riottenerla. Le speranze nutrite da marine e cantieri di riprendere l’attività lavorativa regolarmente, poi, sono ridotte al lumicino. Rossella Campice è titolare del cantiere Marina 77, ad Ameglia (Sp), unico nella zona a non aver subito perdite di imbarcazioni a causa dell’esondazione del Magra: “Grazie all’esperienza di mio marito – racconta – che ha escogitato un innovativo sistema di ancoraggio delle barche, costato anni di investimenti in tempo e denaro. Grazie a speciali cavalletti di ferro di fattura artigiana, collegati alle barche tramite cinghie omologate e ad ulteriori cime collegate tra loro, abbiamo creato una sorta di gabbia che salda tra loro gli scafi. Le imbarcazioni si alzano e si abbassano a seconda della piena del fiume, ma rimangono tutte in posizione”.

Una soluzione virtuosa che non ha portato alcun frutto, anzi: “Ormai dobbiamo fronteggiare un’alluvione all’anno. I diportisti fanno i loro conti e portano via le barche dal Magra, è troppo rischioso. E sapete cosa fanno le istituzioni? Nulla. Sono passati mesi, ormai, e il ponte della Colombiera, importante collegamento tra Liguria e Toscana, tirato giù dalla furia del Magra, ancora non è stato ripristinato. Canali di scolo e messa in sicurezza degli argini sono pura utopia. Ci stanno ammazzando. Ci sentiamo frustrati e abbandonati da tutto e da tutti. Almeno si decidesse di dragare il letto del fiume: ho le barche bloccate in darsena perchè all’imboccatura ci sono 30 centimetri di fondo”

Bocca di Magra (La Spezia), fine ottobre. Il fiume Magra, che ospita oltre mille imbarcazioni nei pressi della foce, esonda. Le sue acque furiose strappano dagli ormeggi praticamente tutte le barche. A tre mesi di distanza dalla tragedia, nulla è cambiato.

A Rossella fa eco Enrico Bertorello, titolare di Marina 3B, a Sarzana (Sp): “Le istituzioni non hanno mosso un dito. Regione, Provincia, Autorità di bacino. Niente. II fondo del fiume, a causa dell’alluvione, si è alzato di un metro. Alla prossima piena, saremo tutti finiti”. Poi il racconto di quanto è successo tra il 25 e il 26 ottobre: “All’altezza di Marina 3B il fiume è salito di quasi sei metri. Il mio ufficio, che si trova al piano più alto della struttura, è stato allagato da 2 metri d’acqua. Nella mia darsena i marinai sono intervenuti prontamente, allentando gli ormeggi e salvando le barche, sui pontili esterni ho perso tre imbarcazioni”. Oltre al danno, la beffa: “La struttura è stata dichiarata inagibile per 12 giorni: nel frattempo erano stati organizzati i servizi e i campi di raccolta detriti. Quando finalmente abbiamo potuto riaprire l’attività, i campi erano stati chiusi: la rimozione dei detriti ce la siamo dovuta pagare da soli”. Accanto alla Marina, il campeggio, un binomio tipico della foce del Magra. A Bertorello in quel frangente è andata molto peggio: “Ho registrato 100 disdette, a fronte dei 320 posti occupati. Un disastro”. Il fiume fa paura, la gente si sposta altrove e ci vuole poco a trasformare in area depressa una zona che trova nel turismo nautico il 70% delle entrate complessive. Un serpente che si mangia la coda: le assicurazioni hanno iniziato a non contemplare più nelle proprie polizze i danni alluvionali e ottenere un prestito dalle banche per poter ripartire è sempre più difficile. Chi invece si è visto portare via la propria imbarcazione dal fiume, deve fronteggiare ulteriori problemi. Omar Pagliarini, della Pagliarini International Boats, aveva un Pursuit Offshore 305 in secca a Porto Carolina a Lerici (Sp): “Abbiamo perso la barca durante la piena. Siccome ormai gli straripamenti si susseguono anno dopo anno, ormai posso dire di avere una certa esperienza: se gli scafi sorpassano indenni il ponte della Colombiera, arrivano in mare senza subire troppi danni. Così era accaduto al Pursuit 305 usato che la mia ditta aveva messo in vendita. Nei due giorni successivi alla piena siamo usciti in mare alla ricerca delle barche disperse. Le abbiamo recuperate tutte, tranne il Pursuit che abbiamo trovato rovesciato e che saremmo tornati a prendere il giorno dopo. Mi sono segnato il punto sul Gps sapendo che nella notte la barca si sarebbe spostata al massimo di qualche centinaio di metri. La mattina seguente dell’imbarcazione non c’era traccia. Sarà affondata, ho pensato, anche se mi è sembrato strano perché i Pursuit hanno la fama di essere inaffondabili. Una settimana dopo un mio collega è andato a Sestri Levante a recuperare una sua barca e mi ha telefonato avvertendomi che il mio Pursuit era ormeggiato in porto, tutto sommato in buone condizioni. A Sestri ho contattato il meccanico che si è occupato di rigenerare i motori dell’imbarcazione risalendo al nome di chi l’ha recuperata. Ho chiamato questa persona, ringraziandola del recupero e offrendomi di coprire tutte le spese relative al recupero e al restauro della barca. Quando ci siamo incontrati, l’uomo se ne è uscito dicendo che, in virtù della legge del mare, voleva il 30% del valore dell’imbarcazione. Sul mio sito il Pursuit era in vendita a 140 mila euro, quindi ne pretendeva 40 mila sull’unghia”. Un episodio di sciacallaggio, come tanti se ne sono visti i giorni successivi all’alluvione.

Altre barche distrutte dalla tempesta.

La Regione Liguria avrebbe dovuto predisporre un decreto anti-sciacalli, in cui sarebbe stato possibile derogare alla legge del mare in virtù dello stato di calamità naturale, ma le promesse sono cadute nel vuoto. “Ho ovviamente avvertito il mio legale – prosegue Pagliarini – ma il signore, dal punto di vista legale, è inattaccabile, perché ha seguito il corretto iter procedurale, denunciando regolarmente in Capitaneria il salvataggio della barca. Potremo patteggiare sul prezzo perché al momento del recupero il suo valore era certamente inferiore ai 140 mila euro, ma mi toccherà pagare”.

Paolo Corradini la sua barca, Mima, un Windy 26, pilotina norvegese di 7 metri e 70, l’ha perduta: “Quando il fiume è tracimato Mima era ormeggiata presso l’Antica Compagnia della Vela di Fiumaretta, nella darsena di Ripa Verde. Un pontone di un cantiere vicino è crollato danneggiando imbarcazioni e pontili. Della mia barca non ho più avuto notizie. Ho provato a chiedere un parziale rimborso dei danni alla Regione e al Comune di Ameglia, ma non si sono degnati neanche di rispondere. Inoltre penso che qualche responsabilità ce l’abbiano anche i titolari della darsena, perché se mi avessero avvertito delle condizioni meteorologiche in tempo (Corradini è di Reggio Emilia) avrei dato disposizioni per mettere in secca la barca. E pensare che si sono anche persino rifiutati di rimborsarmi almeno una parte dell’affitto del posto barca!”. Gravi danni immediati anche alle aziende dell’indotto: “In quanto Piuma Motori Marini forniamo assistenza a circa 60 imbarcazioni – spiega Giuliano Piuma, a capo dell’azienda di Sarzana – o meglio, fornivamo. Durante l’alluvione tra i miei clienti, tutti ormeggiati sul Magra, si sono registrati numerosi smarrimenti di barche: questo si traduce in un’immediata perdita di clientela. Anche chi può permettersi il lusso di ricomprare una barca, difficilmente affitterà il posto barca sul Magra”.

di Eugenio Ruocco


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