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Benvenuti nella sezione speciale “BAM 35 Anni”. Vi stiamo presentando gli articoli “cult” tratti dall’archivio di Barche a Motore, a partire dal 1990. Un viaggio nel tempo tra storie introvabili oggi, anche nel grande mare di internet! Un tuffo nel mondo dei momenti epici della nautica a motore. Iniziamo da una delle storie che ci ha appassionato di più.
Anno nuovo vita nuova, e in barca si va senza pensieri
Da Barche a Motore 2013, n.2, febbraio, pag. 18-19.
Non è solo il Redditometro che, con i nuovi criteri di analisi fra reddito e spese, alleggerisce le pressioni del fisco sui diportisti, ma c’è anche il Registro unico delle immatricolazioni, che rende superflui i controlli in mare. E chi ha dubbi può farsi il Redditest.
Ha riempito le cronache di tutti i giornali, ma questa volta non per polemizzare, bensì per spiegare come è fatto, come funziona e, soprattutto, se è il caso di “temerlo” oppure no. Il nuovo Redditometro è infatti entrato in vigore con Decreto Attuativo del Ministero dell’Economia e Finanze e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 4 gennaio scorso ma, di fatto, sarà operativo fra febbraio e marzo, per dare tempo all’Agenzia delle Entrate di stilare gli elenchi selettivi dei contribuenti da controllare, ai quali saranno scrutati i redditi a partire dal 2009, cioè quelli delle dichiarazioni 2010, perché non si possono fare controlli superiori a 5 anni indietro nel tempo. Abbiamo già anticipato che il nuovo Redditometro farà crollare l’automatismo armatore = evasore e il luogo comune che chi ha una barca è “per forza” uno straricco, perché il criterio di valutazione non agisce più tramite il mero calcolo matematico attraverso coefficienti prestabiliti su base presuntiva della spesa di mantenimento di una barca (indipendentemente che quei soldi siano stati spesi o meno), bensì su dati certi, ovvero le spese effettivamente sostenute. Così chi acquista una barca e in più spende altri soldi per accessoriarla, modificarla o aggiustarla, dovrà dimostrare di avere un reddito di un certo spessore, ma chi invece, lo stesso tipo di barca l’ha magari ereditata o ricevuta in regalo e, anche se la barca ne avesse bisogno, non ha effettuato riparazioni, non dovrà necessariamente avere un reddito simile all’esempio precedente, perché, anche se “nominalmente” la manutenzione di quella barca richiede un certo impegno economico, effettivamente quella spesa non è stata fatta, quindi il contribuente in questione risulta “congruo”. In quest’ottica rientrano anche i risparmi accumulati nel corso della propria vita, purché abbiano una rintracciabilità e ci sia coerenza. Chi, per esempio, in tutta la propria vita ha sempre guadagnato uno stipendio paragonabile a uno attuale di 1300-1500 euro al mese e ha un milione di euro da parte, non è sufficiente dire che sono i risparmi di una vita, perché è ovvio che gli sarebbe stato impossibile accantonarli. Se invece quel milione di euro lo ha guadagnato con una serie di fortunati investimenti in Borsa o, perché no, li ha vinti al Superenalotto, a quel punto avrà tutti gli strumenti per dimostrare la provenienza di quei risparmi e per il redditometro potrà essere congruo anche se ha la barca e guadagna 1000 euro al mese. Lo stesso vale per le “elargizioni” da parte di parenti: difficile pensare che uno zio d’America o un genitore sia arrivato con una valigia piena di denaro da mettere sotto il materasso, più facile invece pensare che abbia fatto un bonifico, che è documentabile. Insomma, se il fisco viene a bussare alla porta non è per sapere perché si possiede la barca, ma per sapere dove sono stati presi i soldi spesi per quella riparazione se quella spesa non risulta congrua con il proprio reddito.
Con i tuoi soldi fai quello che vuoi, ma occhio all’Istat
“Se il contribuente sborsa 200.000 euro per comprare i pomodori, oppure una barca, una casa o una macchina, per noi è la stessa cosa. Non ci interessa come spende i soldi, ma quanti ne spende”. Questo diceva il direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera poco prima di Natale durante la presentazione del nuovo accertamento sintetico, quindi il fisco non va a sindacare se quel bene vale la cifra spesa, ma, come abbiamo visto, se quella spesa è congrua con il proprio reddito. E qui il ventaglio delle voci è decisamente molto aperto, perché i controlli fiscali andranno a valutare quanto si è speso in ogni sfera della vita familiare e quotidiana e andranno a fare i conti in tasca non solo all’intestatario della dichiarazione dei redditi, ma anche ai suoi familiari a carico. Infatti, se prima i campanelli d’allarme erano prevalentemente beni importanti, come il cosiddetto “macchinone” o, appunto, la barca, ora è la somma di tutto ciò che ogni membro della famiglia spende. Sono oltre 100 le voci di spesa monitorate dal Redditometro; per fare degli esempi, si va dai soldi spesi dal parrucchiere agli euro per giornali e riviste, passando per l’acquisto di pentole, lenzuola, abbigliamento, fiori, insomma tutto ciò che rientra nella vita quotidiana, a cui si aggiungono ovviamente, investimenti, viaggi, case, personale domestico, circoli esclusivi, scuole private ecc. Ma niente paura, non serve precisione svizzera, perché è previsto un margine di tolleranza del 20% oltre la soglia della congruità, dopodiché scattano in automatico i controlli. Ovviamente non sarà necessario tenere da parte gli scontrini dell’edicola o del fioraio, perché laddove le spese non possono trovare riscontro su dati noti all’Agenzia o ricavabili dall’anagrafe tributaria, il parametro di riferimento va su base presuntiva tenendo conto della media Istat per ognuna delle 11 tipologie di famiglia prese in considerazione dal Redditometro. Per esempio, se per una coppia con un figlio che vive al Sud la media Istat prevede una spesa alimentare supponiamo di 500 euro al mese, cioè 6000 euro l’anno, è evidente che a fronte di una dichiarazione di 10.000 euro l’anno il contribuente non può essere congruo se all’anagrafe tributaria risulta che possiede anche un’auto, paga un affitto e ha due contratti di assicurazione.
La struttura del Redditometro
L’accertamento si fonda su dati di base che si declinano in oltre 100 voci di spesa ripartite in 11 categorie, 55 tipologie di famiglia, divise non solo per nucleo (es: persona sola, coppia, coppia con figli, monogenitore con uno o più figli ecc.) ma anche per fasce d’età; in realtà le tipologie di famiglia sono 11 che sono poi moltiplicate per le 5 aree geografiche (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud, Isole), perché i parametri di valutazione di base variano in funzione dell’area geografica in cui la famiglia presa in considerazione vive.
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