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Benvenuti nella sezione speciale “BAM 35 Anni”. Vi stiamo presentando gli articoli “cult” tratti dall’archivio di Barche a Motore, a partire dal 1990. Un viaggio nel tempo tra storie introvabili oggi, anche nel grande mare di internet! Un tuffo nel mondo dei momenti epici della nautica a motore. Iniziamo da una delle storie che ci ha appassionato di più.
Palermo-Los Angeles Coast to Coast
Da Barche a Motore 2022. n.28, ottobre-novembre, pag. 84-93.
Come si va dal Mediterraneo al Pacifico su un gommone di 11 metri, per lo più in solitaria, con tappe anche da 1.800 miglia filate? Lo abbiamo chiesto a Sergio Davì, protagonista della Ocean to Ocean Rib Challange.
Pensare di fare una traversata da Palermo a Los Angeles via mare è già una gran bella avventura notevole per un trawler, la barca giramondo all weather per eccellenza. Se il mezzo scelto per farla è, però, un rib con hard-top di 38 piedi siamo di fronte ad una vera e propria impresa. Prima le Baleari, poi Canarie, Capoverde, Guyana Francese, Colombia, Messico fino agli Stati Uniti. Queste, e tante altre, sono state le tappe del viaggio di Sergio Davì, navigatore palermitano di 56 anni, partito il 15 dicembre 2021 a Palermo e arrivato il 23 maggio di quest’anno a Los Angeles. Niente viaggio alla Alain Bombard, il professore e “naufrago volontario” che nel 1953, appena ventinovenne, attraverso l’Atlantico lasciandosi portare da venti e correnti senza cibo né acqua. L’impresa di Davi, però, non è stata più semplice e neppure la prima. Palermo è da anni il punto di partenza di viaggi in gommone che lo hanno portato in Brasile, a Capo Nord, a New York. Insomma, una macchina organizzativa che ha attraversato mezzo mondo e che ha permesso all’Aretusa Explorer, gommone del navigatore, di percorrere questa volta oltre 9.200 miglia per un totale di 520 ore di navigazione. Una prova da sforzo notevole non solo per chi si trova a bordo, ma anche per il battello e i suoi motori, in questo caso due Suzuki DF300B, con doppia elica controrotante, montati a poppa di un Nuova Jolly Prince 38 Cabin con elettronica Simrad. Da Long Beach, dove è approdato, il navigatore è poi tornato in Europa. Noi l’abbiamo incontrato pochi giorni dopo il suo arrivo, una volta terminata la sua impresa, per sentire com’è andata questa ennesima e grandissima avventura, la Ocean to Ocean Rib Adventure.
Sergio, partiamo dalle emozioni. Quali sono le tue sensazioni ora e quali sono state durante il viaggio? Ora mi sento molto bene, gli arrivi sono sempre i momenti più belli. Ma anche durante la navigazione ero sempre concentrato e volevo portarla a casa, anche perché di momenti difficili ce ne sono stati, fin da prima della partenza. Quello che da fuori si sottovaluta, in un’avventura come la mia, è l’organizzazione da terra, soprattutto in epoca Covid. Il lavoro di pianificazione è cruciale e la pandemia ha reso tutto più difficile, complicando e rallentando le comunicazioni. Lo stress che ti porti sempre dietro deriva dal fatto che tu puoi programmare tutto il possibile, ma poi non sai mai se riuscirai a rispettare i tempi alla perfezione. L’imprevisto è sempre dietro l’angolo, a maggior ragione in questo periodo… e infatti a Gran Canaria mi sono preso il Covid.
Sergio Davì alla partenza da Palermo.
Canarie, Canale di Panama, Messico. Hai visto dei luoghi incredibili, qual è quello che ti è rimasto nel cuore? Diciamo che ogni luogo a modo suo mi ha lasciato qualcosa. Il Canale di Panama è stata una bella emozione, soprattutto perché ero molto curioso di vedere com’è davvero. Ho avuto la fortuna di vedere posti bellissimi e conoscere gente fantastica. In Messico, dove ho vissuto i momenti più difficili della traversata, ho passato circa un mese e mezzo. È stato bello anche se vivevo quotidianamente la frustrazione di non poter ripartire, e anche quando l’ho potuto fare ho trovato onde in prua e mare formato, con venti di oltre 30 nodi. Sono rimasto piacevolmente stupito dell’accoglienza che ho ricevuto in Guyana francese, è stato veramente incredibile. Infine l’arrivo negli Stati Uniti è stato fantastico perché ho sentito il calore e l’abbraccio della comunità italiana che li è davvero molto forte.
In Guyana francese ci sei arrivato dopo 1800 miglia di navigazione non-stop, la tappa più lunga della tua impresa. Com’è stata? A bordo avevo 500 litri nel serbatoio e 7000 litri di carburante imbarcati, grazie a speciali taniche vulcanizzate molto resistenti. La quantità di carburante da avere a bordo è stata determinata da un calcolo matematico, basato sulla media di consumo che prevedevo di avere durante tutta la traversata. Il rifornimento invece avveniva tramite travaso grazie ad una speciale pompa collegata al serbatoio, che di volta in volta collegavo alle taniche.
Ecco Sergio in Guyana francese, dove ha ricevuto una calorosa e inaspettata accoglienza.
Qual è stato il ruolo della tecnologia? Come hanno reagito gli strumenti ad un uso così intenso? La tecnologia in generale, ma in particolar modo l’elettronica, è fondamentale per stare tranquilli in una traversata del genere. Gli strumenti di Simrad si sono rivelati assolutamente affidabili, a partire dal radar HALO 24 che mi ha consentito di impostare due diverse visioni per avere contemporaneamente una copertura a breve e a medio raggio. E poi c’era il display multifunzione (I’NSSevo3S con cartografia C-MAP, ndr) di cui ho apprezzato l’evoluzione del software e la tenuta del processore, che ho messo sicuramente alla prova in condizioni sfidanti. Durante la mia lunga sosta in Messico ho avuto la fortuna di visitare la sede di Navico Mexico a Ensenada ed è stata un’emozione particolare. Ho visto i lavoratori dello stabilimento contentissimi di vedermi e conoscermi. In quel momento il loro lavoro prendeva vita con me, ero la prova vivente che gli strumenti che producono funzionano, e funzionano alla grande. Nella fabbrica ho assistito agli stress test a cui sottopongono gli strumenti e sono pazzeschi, anche se loro mi hanno detto che di fatto io sono stato il vero stress test sul campo.
Avevi anche l’autopilota, giusto? È stato indispensabile e ti ha consentito di riposarti un po’? Riposarmi a bordo era decisamente impossibile…parlare di cicli di sonno è difficile, perché diciamo che riuscivo a chiudere gli occhi al massimo per 20 minuti consecutivi. Senza sostanzialmente riposare, perché restavo sempre attivo e allertato. Però si, l’autopilota è uno strumento fondamentale e quello che mi ha montato Simrad (l’AP48, ndr) credo sia tra i migliori al mondo.
E i motori invece come si sono comportati? Hai fatto in pochi mesi le ore di navigazione che moltissimi motori percorrono nel corso di periodi molto più lunghi. Com’è andata? Hai dovuto fare della manutenzione? I motori Suzuki hanno risposto anche loro alla grande a questo grandissimo stress test. Per questa avventura ho scelto di montare due motori da 300 cavalli con un’elica più corta, i DF300B, mentre per la Palermo-New York avevo quelli da 350. Devo dire che in termini di prestazioni, affidabilità e costanza sono ineccepibili. Si sono comportati in maniera eccezionale anche quando, a causa delle onde, erano quasi completamente coperti dall’acqua. Ho dovuto fare solo manutenzione ordinaria e non ho mai avuto problemi.
Adesso che programmi hai? Si pensa già alla prossima impresa o ti riposerai un po’? Al momento diciamo che non posso dire di stare esattamente riposando. Sicuramente per il futuro prossimo ho in programma di preparare e realizzare dei progetti più piccoli, sto pensando di seguire qualche idea e in cantiere c’è già qualcosa. Per quanto riguarda eventuali nuove traversate da affrontare in futuro vedremo!
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