2023. Gianni Agnelli, l’uomo che ha rivoluzionato le barche a motore

IL REGALO PERFETTO!

Regala o regalati un abbonamento a Barche a Motore cartaceo + digitale e a soli 39 euro l’anno hai la rivista a casa e in più la leggi su PC, smartphone e tablet. Con un mare di vantaggi.

2023, n.30, aprile-maggio, pag. 70-79.

Benvenuti nella sezione speciale “BAM 35 Anni”. Vi stiamo presentando gli articoli “cult” tratti dall’archivio di Barche a Motore, a partire dal 1990. Un viaggio nel tempo tra storie introvabili oggi, anche nel grande mare di internet! Un tuffo nel mondo dei momenti epici della nautica a motore. Iniziamo da una delle storie che ci ha appassionato di più.

2023. Once upon a time

Da Barche a Motore 2023, n.30 aprile-maggio, pag. 70-79.

Come l’Avvocato, da armatore appassionato, ha influenzato il mondo delle barche a motore di oggi, dall’open di 10 metri al superyacht.


Non sempre sono i cantieri o i designer a creare le tendenze. O meglio, talvolta serve una scintilla per accendere la miccia della genialità, qualche incontro fortuito che metta in moto le idee. Se pensiamo a com’è cambiata la barca a motore negli ultimi 70 anni dal piccolo open al grande yacht possiamo individuare abbastanza agevolmente una figura che, a modo suo, ha influenzato il modo che abbiamo oggi di navigare sul mare. Partiamo da un aneddoto. Sapete chi è che ha dato lo spunto per la nascita di barche di culto come i Wallytender, da cui è nato il fenomeno chase boat o shadow boat? No, non stiamo parlando di Luca Bassani, ma di colui che in qualche modo l’ha ispirato: Gianni Agnelli (1921-2003).

“Il primo Wallytender nasce da un maestro – raccontava Luca Bassani, fondatore di Wally, in un’intervista a Barche a Motoresoprattutto maestro di come si godevano le barche nel Mediterraneo. L’avvocato Agnelli. Vedeva avanti. Mi ricordo che dopo essersi costruito anche una grande barca a motore, se n’era fatta fare una dimensioni più contenute e poi aveva preso un tender di grossa dimensione, circa 6-7 metri che gli permettesse di muoversi velocemente e passare da una barca a vela ad una motore con facilità. L’intuizione di fare i Wallytender mi arrivò quando Agnelli si comprò il tender di Kookaburra, il 12 metri Stazza Internazionale di Coppa America dopo un mondiale a Porto Cervo. Vedendo come utilizzava questo motoscafo veloce come supporto tra le sue barche, a vela e a motore, mi è venuta l’idea e da lì ho creato il Wallytender. Con queste imbarcazioni e con l’aiuto di un po’ di marketing si è creato un mercato nuovo che prima non c’era. Possiamo dire che la chaseboat come la conosciamo oggi sia nata lì”.

Gianni Agnelli con Giampiero Baglietto al Salone di Genova del 1970.

Oltre alla forte passione per la vela dell’Avvocato, nella sua carriera da armatore c’è stato tanto spazio anche per i grandi yacht a motore e per i velocissimi motoscafi. Il primo arrivò nel 1950 quando, ventinovenne, Agnelli acquisto Kum, un motoscafo americano. Sarebbe stato il primo di una lunga serie che vide al suo interno alcune pietre miliari della nautica. Nel ’52 dal cantiere Baglietto di Varazze, Agnelli acquistò il Gim, un open con carena sportiva, la prua slanciata e la poppa a scivolo che era stato costruito nel 1940 per il segretario del partito fascista Ettore Muti, il cui soprannome era appunto “Gim dagli occhi verdi”. L’Avvocato fece fare dei lavori di aggiornamento e lo rimise in acqua con un nome nuovo: Covenant. È alla fine degli anni ‘50 che nacque un progetto ben più ambizioso: il GA 30. Per farlo Agnelli portò da Baglietto l’architetto Amedeo Albertini, autore della sua villa in collina torinese per lavorare agli interni del GA 30. Con lui c’era, come giovane di studio, Paolo Caliari, destinato a diventare uno dei più apprezzati yacht designer contemporanei. Da quell’esperienza, infatti, restò a lavorare nel cantiere al fianco di Pietro Baglietto portando una ventata d’aria fresca nella nautica. Tornando al GA 30, questo yacht fu un punto di svolta per le prestazioni: spinto da tre motori diesel questo novanta piedi raggiungeva i 30 nodi, numeri impressionanti per l’epoca. Che all’ avvocato la velocità piacesse non era un mistero e fu di nuovo grazie a Baglietto che Agnelli conobbe uno che di prestazioni al limite se ne intendeva: Renato “Sonny” Levi.

“La barca perfetta” secondo Gianni Agnelli: il G Cinquanta, progettata da Renato “Sonny” Levi. Lunga poco più di 11 metri raggiungeva la velocità di più di 50 nodi, tantissimi per una barca da diporto negli anni ’60.

“Fu al primo Salone Nautico di Genova – racconta Sonny Levi nel libro Dhows to Deltas  del 1962 –  che fui avvicinato da Pietro Baglietto, costruttore di cabinati di lusso di fama internazionale, che mi chiese se fossi interessato a progettare una barca per uno dei suoi clienti con l’obiettivo di vincere la regata Cowes-Torquay del 1962. All’epoca non sapevo chi fosse il potenziale proprietario, ma accettai la sfida con grande entusiasmo. L’imbarcazione che nacque era l’Ultima Dea e il proprietario era il noto industriale Giovanni Agnelli, presidente della casa automobilistica Fiat.”

L’offshore che si fece costruire, Ultima Dea, era l’evoluzione di A’ Speranziella, scafo che nel 1961 aveva preso parte alla primissima edizione della Cowes-Torquay, organizzata dal direttore del quotidiano Britannico Daily Mail.
“Partii a razzo e rimasi in testa per lunghi tratti – raccontò Levi a seguito di quella prima volta della Cowes Torquay – e dagli aerei scattarono foto memorabili che finirono sulle pagine di tutti i giornali mentre il mare era a forza cinque e sembrava ribollire. Finii settimo a causa di un’avaria e tutti si ricordarono di me dimenticandosi del vincitore”.

Ultima Dea, con cui Agnelli prese parte alle seconda edizione della storica Cowes-Torqay nel 1962. Evoluzione di A’Speranziella di Levi, che nel 1961 aveva già fatto quella gara e, pur senza vincere, aveva impressionato tutti, compreso Agnelli.

Fu la performance realizzata da A’ Speranziella in quella prima assoluta ad aver impressionato l’Avvocato spingendolo a volerne una simile. Per la cronaca A’ Speranziella dovette aspettare solo un paio d’anni per vincere la gara, nel 1963. L’Avvocato, invece, prese parte all’edizione 1962 al timone di Ultima Dea costruito dai Cantieri Naval-tecnica di Anzio ed equipaggiato con tre motori Maserati a benzina, che insieme erogavano 1.380 cavalli di potenza. Agnelli gareggiò, poi, un’altra volta soltanto, all’italiana Viareggio-Bastia-Viareggio. Entrambe le esperienze furono tutto sommato negative, i problemi tecnici erano all’ordine del giorno e l’Avvocato ne fu vittima. Questo, comunque, non lo scoraggiò e nacque un altro bolide, Ultima Volta. Spinto da un solo (enorme) diesel Carraro da 900 cavalli, questo 11 metri venne impiegato nel 1966 e il pilota mostrò tutta la sua grinta, conducendo in testa la parte iniziale della corsa francese Dauphine d’Or. Ma fu costretto al ritiro dall’ennesimo guasto meccanico. Cosi finì la carriera da pilota offshore di Agnelli. Questa barca aveva una la sua somiglianza ad un progetto leggendario per gli amanti dell’offshore d’annata, cioè il Surfury, ma soprattutto la squadra di carpentieri di Anzio che lo costruì, da lì a poco fece nascere il Cantiere Delta. Il sodalizio tra Sonny Levi e questo cantiere diede vita a barche cult come l’Hidalgo, ma soprattutto è da questo cantiere che uscì la “barca perfetta” secondo Gianni Agnelli, il G. Cinquanta. Nel 1967 l’imprenditore andò da Levi con un’idea ben chiara in mente: non voleva più un offshore puro, ma un modello di design più stiloso e confortevole, ma sempre velocissimo. Il brief, come si direbbe oggi, fu tanto essenziale quanto evocativo: “Mi serve un fast commuter – disse l’Avvocato – confortevole in mare agitato e che faccia almeno 50 nodi. Sa, mi piacerebbe arrivare al traguardo di una gara offshore… prima del vincitore.”

Il Destriero in navigazione. La sua impresa, patrocinata dall’Aga Khan, fu attivamente appoggiata dalla FIAT di Gianni Agnelli.

Costruita dai cantieri Delta alla fine di nodi ne faceva 55, spinta da quattro motori BPM Vulcano per un totale di 1.280 cavalli. L’esperienza offshore, dove i progetti spesso erano portati all’estremo, fu sfruttata per creare uno scafo che potesse mantenere un’andatura sostenuta, che planasse agevolmente e che fosse manovrabile anche ai bassi giri. La disposizione dei motori (due V-drive centrali e due in linea d’asse all’esterno) e delle eliche era stata sviluppata appunto per ottenere un buon compromesso tra top speed e facilità d’uso. Per la velocità arrivarono modelli come l’Adagio, costruito dalla Delta di Fiumicino nel 1981 e di gran moda negli anni ’80. Passiamo ora a tutt’altro genere di yacht, allo stesso modo sulla cresta dell’onda da diversi anni: l’explorer, lo scafo pensato per navigare in ogni tipo di mare e condizione meteo, l’esempio più estremo di crociera a lungo raggio. Il progenitore di questa categoria è stato l’F100, uno dei più celebri yacht di Gianni Agnelli, commissionato a CRN nel 1983 e diventato capostipite di un genere d’imbarcazioni che oggi, con tutte le sue evoluzioni, è protagonista nel mercato dei grandi yacht. A quel tempo i quasi 33 metri dell’F100 erano numeri da capogiro e fu, senza dubbio, anche grazie a questo progetto che CRN si consacrò ed ebbe un impulso importante verso ciò che è diventata oggi. Prima di quel momento, infatti, mai nulla di così grande era uscito dal cantiere.

L’F100 è forse la barca più famosa posseduta da Agnelli, archetipo dell’explorer yacht moderno. Ricalca le linee di un rimorchiatore classico adattato all’uso diportistico, La sigla “100” si riferisce al numero di costruzione del cantiere CRN di Ancona che lo ha costruito nel 1983.

Le linee ricalcavano quelle di un rimorchiatore classico riadattato ad uso diportistico mentre la sigla “100” stava per il numero di costruzione del cantiere CRN di Ancona. Se le sue barche a vela, l’avvocato le usava principalmente per divertirsi, I’F-100 era stato concepito, invece, come mezzo di servizio, capace di garantire il massimo del comfort e dei servizi nelle “minori” dimensioni possibili. In ogni caso sul ponte di coperta era stato studiato uno spazio per l’elicottero, compagno inseparabile per riuscire a coniugare impegni di lavoro e uscite in mare. Lo yacht, poi, così come i moderni explorer aveva un’autonomia immensa e nessun rumore, ma anche un motore solo.
“Ho troppa fiducia, per professione, nei motori – disse Gianni Agnelli in un’intervista a Vincenzo Zaccagninoper accettare di avere sul mio yacht una motorizzazione doppia”. L’F100 aveva poi un tender. Un motoscafo veloce, costruito in Australia, che fu l’ultima barca di Agnelli. Il suo nome era Volture e la leggenda narra che fu proprio questo grande motoscafo di supporto ad ispirare il Wally Tender di Bassani.

di Gregorio Ferrari


Condividi:

Facebook
Twitter
WhatsApp

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Iscriviti alla nostra Newsletter

Entra nel Club del Giornale della Vela

Le barche a motore, le sue storie, dal piccolo open ai motoryacht. Iscriviti ora alla nostra newsletter gratuita e ricevere ogni settimana le migliori news selezionate dalla redazione. Inserisci la tua mail qui sotto, accetta la Privacy Policy e clicca sul bottone “iscrivimi”.

Una volta cliccato sul tasto qui sotto controlla la tua casella mail

Privacy*


In evidenza

Può interessarti anche

2002. Idrogiochi d’estate

Benvenuti nella sezione speciale “BAM 35 Anni”. Vi stiamo presentando gli articoli “cult” tratti dall’archivio di Barche a Motore, a partire dal 1990. Un viaggio nel tempo tra storie introvabili oggi, anche nel grande mare di internet! Un tuffo nel

1994. Quando Berlusconi sfrecciava con il Magnum

Benvenuti nella sezione speciale “BAM 35 Anni”. Vi stiamo presentando gli articoli “cult” tratti dall’archivio di Barche a Motore, a partire dal 1990. Un viaggio nel tempo tra storie introvabili oggi, anche nel grande mare di internet! Un tuffo nel

SEAI

Barche a guida autonoma e AI: chi è responsabile con gli incidenti

Con l’avvento dell’AI nella nautica, emergono nuove questioni etiche e legali. Chi è responsabile in caso di incidente con un’imbarcazione autonoma? Come garantire che i sistemi di AI siano sicuri e affidabili? Queste domande stanno diventando sempre più rilevanti, soprattutto

2020. L’ascesa del gommone

Benvenuti nella sezione speciale “BAM 35 Anni”. Vi stiamo presentando gli articoli “cult” tratti dall’archivio di Barche a Motore, a partire dal 1990. Un viaggio nel tempo tra storie introvabili oggi, anche nel grande mare di internet! Un tuffo nel

Mandaci la tua foto, entra nella storia con noi

Mandaci le tue foto di mare ed entra nella storia con noi!Le tue immagini saranno subito protagoniste sul nostro “bachecone”.