La tenuta di un’ancora, oltre che dalla forma in relazione al tipo di fondale, dipende soprattutto dal suo peso e dalla lunghezza della catena e del cavo che la tengono collegata alla barca, parametri tutti proporzionali al tipo, all’uso e al dislocamento dello yacht.
SCEGLIERE L’ANCORA GIUSTA
Da questi valori dipende anche il numero di ancore di bordo: su barche di medie dimensioni deve sempre essere presente un’ancora (detta di posta) pronta all’uso, mentre una seconda (detta di speranza) va tenuta per l’emergenza. Un eventuale ancorotto (di tonneggio) può essere assai utile in manovre brevi e veloci.
Le ancore di bordo debbono essere sempre di tipo diverso, ad esempio una CQR e una Danforth, oppure una Bruce e una Ammiragliato. In questo modo di possono ottimizzare gli ancoraggi in funzione delle situazioni in cui ci si trova, permettendo anche di mettere in atto le tecniche di afforco o appennellaggio, se si dovessero presentare condizioni meteorologiche particolarmente impegnative.
Da sottolineare che la tenuta dell’ancora dipende in realtà dalla resistenza offerta dal fondale, ovvero dalla massa di terra che l’ancora deve spostare per muoversi. Questa massa è proporzionale al volume posto di fronte alle marre, perciò aumenta con la terza potenza delle dimensioni lineari dell’ancora. Vediamo di effettuare un semplice calcolo per comprendere quanto detto: se un’ancora presenta per semplicità una marra avente una sezione utile a forma di triangolo equilatero in cui la base sia uguale all’altezza e si suppone che faccia presa sul fondo per un tratto almeno uguale alla base, se quest’ultima è di 30 centimetri si ottiene:
area della marra = (30 x 30) : 2 = 450 cm2
volume resistente = 450 x 30 = 13.500 cm3
mentre se raddoppiamo e la base otteniamo:
area della marra = (60 x 60) : 2 = 1800 cm2 volume resistente = 1800 x 60 =: 108.000 cm3
Nella tabella (cliccateci sopra per ingrandirla) sono riportati i valori consigliati dei pesi dei vari tipi di ancore in funzione della lunghezza dello yacht (che a sua volta può essere considerata proporzionale al dislocamento complessivo della barca) e della natura del fondale.
SCEGLIERE LA CATENA
Grandissima importanza ha la distanza che separa l’ancora dalla barca in rapporto alla profondità del fondale. Infatti qualsiasi ancora agguanta bene se la trazione è parallela alla superficie del fondo, in quanto per muoversi deve comunque spostare una grande quantità di terriccio, ciottoli o fango (figura a lato). Viene invece sempre più facilmente spedata man mano che la trazione è effettuata lungo la verticale.
Per questo si utilizza la catena: grazie al suo stesso peso essa tende a rimanere sul fondo, garantendo lo sforzo orizzontale sull’ancora. Inoltre la sua robustezza è senz’ombra di dubbio maggiore di qualunque cavo tessile, che può sempre usurarsi o tagliarsi contro rocce affilate. Sempre il grande peso le permette di agire anche da ammortizzatore quando la barca è sospinta da un forte vento (si veda figura). Quest’ultima caratteristica trasforma l’ancoraggio, apparentemente rigido, in qualcosa di estremamente elastico, così da ridurre al minimo i rischi di forti strattoni che sono la causa preminente di rotture o della possibilità che l’ancora smuova la compattezza del terreno e quindi ari.
La Tabella a lato (cliccateci sopra per ingrandirla) riporta le lunghezze e i diametri consigliati per le catene d’ancoraggio, anch’essi per lunghezza fuori tutto della barca, assieme ai diametri e carichi di rottura dei cavi tessili. Da notare che il RINA definisce in modo univoco che tipo di ancora, catena e cavo si deve avere a bordo, ma essendo un calcolo complesso perché da effettuarsi attraverso dati caratteristici della barca non sempre noti (come l’area del profilo dello scafo o l’altezza di costruzione), tutti ricorrono a più semplici tabelle standard. Anche per questo è sempre bene, nel dubbio, adottare dimensionamenti un poco superiori.
LA LUNGHEZZA DELLA CATENA
Affinchè la trazione parallela al fondo avvenga in massima sicurezza, la lunghezza della catena calata in acqua (chiamata col termine marinaro calumo) deve essere da 4 a 5 volte la profondità (per questa ragione è sconsigliato l’ormeggio in fondali superiori ai 10-15 metri, se non per poco tempo e in condizioni di massima calma di mare e di vento). Una valida regola generale è quindi di disporre a bordo di almeno 5 volte la lunghezza dello yacht, in metri lineari di catena.
CAVO & CATENA
II troppo peso è però anche un inconveniente, soprattutto pensando che ancora e catena sono quasi sempre posizionati nell’apposito gavone a prua estrema. Questo compromette spesso l’assetto complessivo dello yacht, fino ad innescare un fastidioso movimento di beccheggio anche in condizioni di piccole onde in prua.
Per barche inferiori ai 12 metri è ammesso sostituire la catena con un cavo di pari resistenza, mantenendo però sempre almeno 9 metri di catena collegata all’ancora principale. Solo per ancorotti o grappini è ammesso utilizzare unicamente cavo tessile. In questo caso si deve preferire un cavo di nylon, assai più elastico del poliestere delle normali scotte, quindi maggiormente in grado di attenuare eventuali bruschi contraccolpi. Deve comunque essere di tipo affondabile per contribuire (anche se in maniera meno efficace) alla trazione parallela al fondale.
Per collegare il cavo tessile all’ancora o alla catena si utilizza il nodo d’ancorotto, assai simile alla volta coi due mezzi colli per l’ormeggio, ma con la differenza che il corrente è fatto passare all’interno delle volte, prima dei mezzi colli di blocco. Questo favorisce una certa libertà di movimento del cavo, diminuendo nello stesso tempo lo sforzo di trazione sulla prima volta. E comunque da ricordare che la capacità di trazione di qualsiasi cavo diminuisce anche di quattro volte il suo valore in presenza di nodi, perché essi comportano un raggio di curvatura del tessile pari al suo stesso diametro (sforzo quasi a taglio).