L’Azimut Atlantic Challenger è stato uno dei grandi nomi nell’epoca della “febbre d’Atlantico”, quando le barche, e prima le navi passeggeri, si sfidavano nell’Atlantico per traversarlo a tutta velocità, senza fermarsi. La posta in palio? Il Blue Ribbon, il Nastro Azzurro, riconoscimento per chi riusciva nella traversata senza scali e senza rifornimenti, trasportando dei passeggeri (almeno uno). Ovviamente l’obiettivo era metterci meno tempo possibile.
Oggi, come si vede dalle foto, purtroppo l’Azimut Atlantic Challenger giace semi-abbandonato a vicino a Mantova. Ringraziamo Alessio Negrini per le foto.
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Azimut Atlantic Challenger: dall’epoca d’oro a oggi
Nel 1988 Paolo Vitelli, fondatore del cantiere Azimut, è determinato a conquistare il Blue Ribbon, il riconoscimento per chi riesce a completare una traversata atlantica senza rifornimento, trasportando passeggeri.
Ecco la testimonianza di Paolo Vitelli nel libro “Sulla cresta dell’onda. La nautica italiana dagli anni ’50. Una storia nella storia, Azimut Benetti”
“L’acquisto di Benetti diede ad Azimut risonanza mondiale. Mi sembrò il momento di fare qualcosa per consolidare e ampliare tale reputazione con un’iniziativa valida sul piano della comunicazione e su quello tecnico. Decisi di lanciare una sfida per attraversare senza rifornimento l’atlantico e vincere il prestigioso riconoscimento per le traversate dell’Atlantico più veloci, il Blue Ribbon.
Per la verità l’idea di affrontare la traversata atlantica ad alta velocità me la diede Richard Branson, che fra tanti record superati con successo, aveva provato ad attraversare l’Atlantico con una barca a motore di 15 metri che tuttavia aveva la necessità di fare rifornimento lungo il percorso.”
Gli sponsor e le aziende aderiscono con entusiasmo al progetto e nasce l’Azimut Atlantic Challanger: è uno scafo in alluminio di 31 metri con design Pininfarina, costruito a Viareggio da Benetti e motorizzato con 4 CRM da 1.850 cavalli: 7.400 cavalli complessivi su una propulsione ad idrogetto Riva Calzoni.
“Mi attivai subito per poter conquistare il Blue Ribbon secondo le regole stabilite che erano essenzialmente due: una era costituita da avere a bordo almeno un passeggero pagante così come avevano fatto i transatlantici che si erano contesi il Nastro Azzurro per quasi cinquant’anni.
La sfida non è solo andare veloci, ma anche arrivare dall’altra parte senza mai fermarsi a fare carburante. L’Azimut infatti è pensato per “tirare dritto”, trasportando oltre 80 tonnellate di gasolio. Ovviamente con un carico del genere sorgono problemi tecnici non da poco, soprattutto se si deve navigare ad oltre 35 nodi di media per battere il record (ancora intatto) della SS United States, transatlantico che per ultimo si fregiò del record nel 1952.
Come dicevamo, per ottenere il riconoscimento occorreva avere anche almeno un passeggero pagante: nel caso dell’Azimut Atlantic Challanger salì a bordo Whintrop Rockfeller, al prezzo simbolico di 1 dollaro.
La profezia di Gianni Agnelli
“L’altra regola era di avere un’autonomia tale da non fare rifornimento. Il percorso iniziava a New York, dove si cronometrava il tempo e terminava al traverso di Bishop Rock, il punto più occidentale e meridionale dell’Inghilterra. La barca era stabile e veloce, poteva caricare quell’enorme quantità di gasolio ed era dotata dei più moderni apparati di navigazione. […] Avevamo Cesare Fiorio come skipper e Gianni Agnelli come presidente del Comitato organizzatore. Gianni Agnelli mi fece moltissimi complimenti sulla barca e il progetto, ma aggiunse: “Fai molta attenzione ai motori CRM, quello è il tallone d’Achille della barca.” Infatti non completammo la traversata per la rottura di un bilanciere alzavalvole di un motore!”
“Il nostro tentativo, compiuto nel luglio del 1988, fu seguito dalle televisioni di mezzo mondo e venne riportato in prima pagina anche dai giornali italiani. […] Il nome Azimut e l’avventura che essa aveva tentato con le sue poche forze, toccò la pubblica opinione. In Italia, in particolar modo, la vicenda fu seguita da telegiornali nazionali e dalle prime pagine di quasi tutti i quotidiani. Insomma, un grande successo.”
Oggi una barca storica della nostra nautica purtroppo giace “semi-abbandonata”, almeno stando alle immagini, in una banchina vicino Mantova. Chi la salverà?
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11 commenti su “Dai record in Oceano all’abbandono: chi salverà questa super barca?”
Peccato che non è questa la barca del record oceanico.Massimo
The Real Person!
Gentile Massimo,
Nessun peccato. Abbiamo spiegato (basta leggere l’articolo) che l’Azimut Atlantic Challanger non ha stabilito alcun record. Però ha tentato e quindi il titolo “Dai record in oceano all’abbandono”.
Cordialmente,
La redazione
Buongiorno,
ha me risulta che il “destriero ” ci sia riuscito.
Sono interessato se Posso ritirarla e sistemare. ???
3246043476 angelo
Mio padre era a bordo come meccanico nel 1988, io non ero ancora nato. Eventualmente è possibile sapere dove si trova? mi piacerebbe rivederla.
Si trova a Governolo di Mantova
Si puo’ sapere esattamente dove si trova perche’ a governolo io non l’ho vista…grazie
Scrivi su Google Maps “Azimut atlantica challenger Roncoferraro”. Purtroppo si può intravedere solo dalla strada a fianco, perché la strada che porta alla barca è chiusa da un cancello.
L’Azimut Atlantic Challenger, salvata dalla demolizione, nel 1998, è ora di mia proprietà. Si trova a Mantova. La vado a trovare ogni tanto e paliamo parliamo. Parliamo del mare, del vento, del rombo dei motori. Parliamo dei nostri insuccessi. Parliamo dei nostri sogni. Giuliano: 328 2950244
Quante imprecisioni in questo, altrimenti anche ben fatto, articolo.
Agnelli non aveva nulla a che vedere con questo progetto Azimut, bensì con Destriero venuto più tardi.
Il premio era il Blue Riband, non Ribbon, e non aveva nessuna regola su portare almeno un passeggero (che infatti ne Azimut ne Destriero avevano, tanto meno ci fu Rockefeller durante il record) ne su quanti stop rifornimento potessero fare, anche se vero che non farne sarebbe stato più prestigioso poiché più difficile.
Azimut ebbe un guasto importante dopo neanche un giorno di navigazione che per poco non affondò la barca, se non fosse che Fiorio riuscì a portarla al porto più vicino, all’isola di St. John in Canada.
Non c’è nemmeno un video da vedere?