Sergio Abrami, progettista navale di barche a vela e a motore, è attivo da quasi 50 anni (le nozze d’oro con la nautica sono previste per il 2021). Oggi, oltre a disegnare scafi da diporto (anche una delle immortali è uscita dal suo studio) e per uso professionale, è professore, consulente e, anche molto semplicemente, uno che ama navigare.
10 barche immortali secondo Sergio Abrami
“Confesso che non amo molto quelle liste “le 10 barche immortali, le dieci auto/case/vicoli/palazzi ecc. Ma alla richiesta di Giacomo Giulietti, (collaboratore di Barche a Motore n.d.r.) non ho resistito e sono stato al gioco.
L’ordine è casuale, più da lettino di strizza-cervelli che una classifica, termine per altro poco azzeccato in questo caso. Mescolo pere con mele, ma anche con banane & C. Insomma, ci sono barche molto diverse, epoche diverse di progettazione e di costruzione.
Chi va per mare per definizione ama il “classico” e classico deriva da classis, flotta in latino, e il cerchio si chiude.
Son cambiati i materiali, le potenze installate, ma il mare è sempre lì. L’estetica e il common sense cercano prima di tutto le corrette proporzioni, i corretti rapporti di volumi e soprattutto il soddisfacimento di un requisito essenziale: navigare in sicurezza rispettando il programma di navigazione di progetto. Così racconto anche ai miei studenti dell’ISAD MYD di Milano.
Riva Aquarama – G. Barilani (1962)
Quando si pensa ad un runabout di lusso il pensiero va immediatamente al Riva Aquarama disegnato fin nei minimi particolari da Giorgio Barilani, progettista per decenni della gamma Riva. Disegnatore tanto talentuoso quanto schivo. Sempre lontano dai riflettori. Dopo l’Ing. Baglietto, primo presidente dell’As.Pro.Na.Di, fu proprio Barilani per lunghi anni ad essere il più prestigioso rappresentante dell’italian yacht design.
Tiger – P. Caliari (1969)
Il moderno M/Y mediterraneo nasce con Paolo Caliari. Si sfrutta a pieno le opportunità offerte dalla costruzione in compensato marino multistrato. Il Tiger costruito da Picchiotti ha linee pulite, essenziali, stile quasi navy. Un’icona, forse anche più delle sovrastrutture del classico Baglietto 16.50 m, sempre opera di Caliari.
Akhir – P.L. Spadolini (1978)
Ovvero Cantieri di Pisa. Per lungo tempo quella fascia scura sul fianco della sovrastruttura è stato il marchio di fabbrica del cantiere pisano e del suo progettista che ha dato il suo imprinting al cantiere ed a tutta una generazione di M/Y eleganti e sobri nel contempo.
Roar – GB Frare (1972)
Cantieri del Garda, progetto di GB Frare: la risposta italiana alle barche sportive USA. Imbarcazioni semplici e veloci, prive di fronzoli, che hanno dato tante soddisfazioni ai loro armatori. Quando l’offshore si faceva con barche di serie abitabili. PS: Hanno avuto anche molto successo al sud in colorazione blu scuro … Se i Cigarette americani si chiamano così ci sarà un motivo, vero 😉
G.CINQUANTA – R.S. Levi (1968)
G-CINQUANTA (anche nella foto di apertura) del maestro Renato Sonny Levi disegnata per “l’Avvocato”. Splendida, elegante, veloce, minimalista. In realtà ero indeciso tra G50 e A Speranziella, barca più piccola, prodotta in serie in lamellare incrociato, vincitrice di importanti gare offshore (quando si correvano con barche abitabili). Il G50 è un esemplare unico più vicino, ma solo come glamour, al Riva Aquarama. Se questa lista deve essere un ideale Olimpo o un quasi, uno per classe di antica memoria, il posto tra gli immortali è del G50.
Pershing 37 – F. De Simoni (1998)
Cantiere Navale dell’Adriatico di Tilli Antonelli – Disegnata da Fulvio de Simoni, uno dei primi Pershing con quel magistrale “tocco” di Fulvio poi scopiazzato da tanti. Quella linea curva del profilo, una virgola che identifica velocità e rivoluzione, cambiamento di forme legato anche al cambiamento dei materiali. Non più barche in vetroresina con le forme mutate dalle barche in legno caratterizzate da linee tese, ma sinuose curve. Pershing 37, una pietra miliare del moderno yacht design.
PS: Negli anni Pershing diventerà uno dei brand name dei Cantieri Ferretti relativo a una serie di imbarcazioni caratterizzata da uno stile inconfondibile.
Boston Whaler 13ft – R. Hunt (1956)
Da amante delle piccole barche e della storia dello yachting (anche minore) non potevo non menzionare una barca e la sua configurazione ad ala di gabbiano che è stata imitata, copiata, ma mai eguagliata, soprattutto per il suo sistema costruttivo. Una barca “sandwich”, non a fasciami a sandwich sia ben chiaro. Totalmente schiumata. Questo il segreto della sua leggerezza e rigidità. La carena è un disegno di chi può essere assieme con Sonny Levi considerato uno dei padri della moderna progettazione di carene monoedriche con spray rail di sostentamento, qui in una versione ad ala di gabbiano che incrementa la stabilità da fermo indispensabile per la pesca. Un colpo di genio di Raymond Hunt.
Bertram Moppie 31 – R.Hunt (1960)
Sempre by Raymond Hunt per il cantiere Bertram. L’associazione mentale (appunto da lettino di strizzacervelli) è legata al numero di copie illegittime di questa carena come del Boston Whaler… Forse in questa taglia la carena (e qualche volta anche la sovrastruttura) più copiata al mondo. Nella mia vita professionale ho fatto, ma lo sanno in pochi, anche barche a motore, qualche volta solo strutture, laminazioni, qualche volta aggiornamenti, refitting di barche in produzione. Mi sconcertava (ma ero giovane e mi turbavo facilmente) che non esistessero disegni della barca su cui mi capitava di rifare fianchi e sovrastrutture, interni… il Bertram 31 è una barca che ha segnato un epoca, vincitrice della Miami Nassau. In quel caso la postazione di guida era praticamente sullo specchio di poppa, per non correre il rischio di “scrivere”.
Nuva M6 – BYD (2018)
By Barcelona Yacht Design Group. Progettata da un gruppo di giovani spagnoli con sede a Barcellona capitanati da Raou. Li ho conosciuti ad un convegno e poi a cena, dove spesso si parla con meno formalità, decenni fa. Hanno iniziato a lavorare nel 2004. Nuva M6 è una barchetta “fresca”, alla page, prua verticale, pozzetto pratico e senza fronzoli. Sei metri e sessanta di barca che vuol solo essere usata. Ma non passa inosservata. Buone proporzioni. Qualcosa di nuovo anche nel piccolo. Resterà tra le immortali, non si sa, ma al momento è ben posizionata.
Novurania MX 6.50 – SAYD (1994)
By SAYD (lo studio di progettazione di Sergio Abrami). Sempre per associazione di idee da lettino dello strizzacervelli, da Nuva a Novurania, azienda italiana di Tione di Trento con sede anche in Florida. L’MX 650 un RIB che quando è nato oltre trenta anni fa era un gommone “importante” per dimensioni e possibile motorizzazione. Un gommone ancora “gommone” anche se già con i tubolari a sfiorare l’acqua da fermo. Niente di rivoluzionario, ma tutto ben concepito e soprattutto ben costruito con materiali di qualità ed un controllo interno di produzione che solo dei trentini possono mettere a punto. Dell’MX 650 ne parlò molto bene una rivista tedesca che lo provò con una motorizzazione allora considerata monstre.
Divenne il battello della “sicurezza” di una testa coronata europea: erano impressionati dalle prestazioni e dalla tenuta del mare dell’MX650 di un turista tedesco che era sfuggito dai controlli in mare. Ne vollero uno con identica motorizzazione per svolgere al meglio l’attività di sorveglianza e dissuasione. Carena usata in seguito anche per battelli da lavoro e rescue boat SOLAS. La produzione di gommoni Novurania ora è solo negli US e mi dicono che quella carena sia ancora utilizzata con diversi allestimenti e diverse motorizzazioni. D’altronde il mare non è cambiato, cambiano i gusti per le sovrastrutture, ma la parte “viva” continua, se ben concepita a svolgere il suo servizio.
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