Furto di fuoribordo: ecco come proteggersi e navigare sereni

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Il messaggio sulla chat del Circolo Nautico che non vorresti mai leggere: “Questa notte, nella zona, hanno rubato alcuni motori fuoribordo. Procediamo con i controlli sulla nostra banchina”. Ultimamente è successo, nella zona di La Spezia, dopo diverso tempo in cui non saliva agli onori della cronaca un fatto del genere.

Quanti modi ci sono per essere tranquilli con il proprio motore anche quando siamo lontani da lui?

Ci sono molteplici strategie e il suggerimento è adottarle tutte. Non c’è modo di fermare un ladro determinato, ma, come ogni sistema di allarme, non si tratta di rendere l’impresa impossibile, quanto il più possibile sconveniente. Se per rubare il vostro motore devono impiegare molto più tempo di uno a cui basta rimuovere un paio di bulloni, magari passeranno oltre.

  • Per prima cosa, ovviamente, usare perni e bulloni antifurto per il fissaggio del motore allo specchio di poppa. Funzionano proprio come quelli usati per proteggere le ruote delle nostre auto: per essere svitati richiedono una specifica chiave fornita con il set di bulloni.
  • Chiaramente, i perni possono essere tagliati con un banalissimo smeriglio a batteria. Quindi, esistono delle barre antifurto che “nascondono” l’accesso ai perni. Si tratta di un tubolare di acciaio che copre i bulloni, bloccato da una serratura o da un lucchetto.

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Anche in questo caso, soprattutto quando la barca è a terra, sui cavalletti, e lo specchio di poppa è ben accessibile, c’è il rischio che i ladri taglino direttamente quest’ultimo, con il già menzionato smeriglio o addirittura con una motosega. Se le soluzioni finora citate sono pronte da acquistare, per scoraggiare lo sventramento della poppa c’è bisogno di qualche riflessione in più. Ad esempio, c’è chi ha rinforzato l’intero specchio con una lamina d’acciaio. Praticamente una blindatura. Per quanto sicuramente d’effetto, non mi sento di consigliarlo ad occhi chiusi. Siamo alla continua ricerca della velocità, dell’assetto, della stabilità, e una modifica del genere rischia seriamente di compromettere la distribuzione dei pesi di bordo. Tuttavia, l’idea di sfruttare dei rinforzi in acciaio, di opportuna dimensione, che costringano l’eventuale malintenzionato a tagliare delle porzioni di scafo molto più ampie per aggirarle, o molto più tempo per tagliarle, rispetto alla semplice vetroresina, non credo sia da considerare una eccessiva paranoia, anzi.

Dal “fai da te” alla GPS

Un’altra soluzione fai-da-te “creativa” che ho sentito è pitturare la calandra in modo che sembri vecchia. Una misura del genere può, al più, essere un deterrente nella fase di ricognizione, quando i malintenzionati girano alla ricerca dei canditati più “promettenti”, e da lontano si possa effettivamente trarre in inganno anche un addetto ai lavori. Inutile dire che ha vagamente senso solo nel caso in cui si sia montato un motore nuovo su un vecchio scafo. Immaginate vedere un motore scassato su una barca nuova di pacca che trasuda quattrini: tanto vale mettere un cartello con scritto “guardami bene”. Scambiare un fuoribordo nuovo per uno vecchio non è proprio come confondere l’oro placcato con l’oro massiccio.


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Tornando a metodi più ortodossi ed efficaci, affrontiamo il capitolo dei dispositivi di tracking. Il loro funzionamento è ben noto: sfruttando il segnale GPS, mandano la posizione dell’oggetto tracciato al proprietario. Sono sistemi ormai ben collaudati, ma non esenti da alcune criticità. In primo luogo, essendo apparecchi elettrici, hanno bisogno di alimentazione: hanno una batteria che gli permette di inviare il segnale nel caso sia necessario. Ma bisogna ricordarsi di tenerla sempre carica! Inoltre, per inviare la posizione alla ricevente, devono avere segnale telefonico e quindi una sim con un qualche tipo di abbonamento: e questo è il loro vero costo, piuttosto l’acquisto in sé. Da ultimo, il problema più grande, a mio avviso, è che non serva a prevenire il furto, ma solo a ritrovare eventualmente il motore, a patto che i ladri non trovino il tracker e lo buttino via, che non schermino il segnale GPS, e che la sim abbia segnale telefonico.

Tuttavia, molti di questi sistemi, incorporano anche sensori di apertura. Nel caso in cui i perni del motore si trovino all’interno del gavone di poppa, una volta aperto quest’ultimo, il proprietario riceve una notifica. Mentre i ladri si trovano a scassinare prima la barra e poi i perni antifurto, che abbiamo consigliato per primi, può passare qualche cruciale minuto affinché arrivi la vigilanza allertata dal proprietario. Di nuovo: l’unica vera difesa è rendere il compito più impegnativo possibile.

E l’assicurazione del fuoribordo?

Ma, nel malaugurato caso avvenga comunque il furto, cosa possiamo fare a livello assicurativo? Non è facile dare consigli generali in maniera assicurativa, soprattutto quando si parla di natanti. Troppo diversi i servizi offerti e le polizze. Il consiglio pertanto è di leggere bene le clausole non solo del proprio contratto, ma anche conoscere le garanzie offerte, in materia di furto, dal rimessaggio presso cui tenete la vostra barca…sempre che ne offra qualcuna.

Gli stessi produttori di fuoribordo ci aiutano. Dal punto di vista tecnico, il puntare sempre più verso controlli elettronici ha facilitato l’introduzione di sistemi di blocco con un telecomando di prossimità, sostanzialmente tali e quali ai sistemi keyless delle auto. Oltre alla funzione di sicurezza, praticamente un kill switch elettronico, funzionano anche da immobilizer del motore, in quanto non può essere avviato senza il suo telecomando. Questa funzione è disponibile su alcuni Yamaha e Suzuki di più alta gamma. Menzione d’onore a Mercury, che rende dotabili della tecnologia digitale, denominata SmartCraft, già i 40 cv, e ha sviluppato il sistema di sicurezza 1st Mate, direttamente compatibile con SmartCraft, ma compatibile anche con altri marchi.

Ovviamente, niente di tutto questo ha molta rilevanza quando è preso di mira solo il piede poppiero. In questo caso, la difesa può essere solo passiva. I produttori, dal canto loro, dovrebbero impegnarsi a marchiare ogni pezzo con punzonature che riportino i numeri di matricola del motore originale, senza limitarsi a riportarli sulla sola targhetta, troppo facilmente rimovibile o alterabile. Con una implementazione dei database a livello internazionale (in Italia abbiamo quello di Confindustria Nautica), si può cercare di rendere più difficile re-immettere nel mercato i pezzi ricettati.

E voi, quali strategie avete applicato per difendervi?

Stefano Monfroni

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