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Genova, 1972. Chiunque si trovasse al Salone Nautico di quell’anno potrebbe ricordare uno scafo iconico, non propriamente una Classic Boat, ma certamente un classico della nautica italiana: il Dart 38, l’offshore da 76 nodi e 1000 cavalli di Renato “Sonny” Levi. In sostanza, la barca più veloce del suo tempo.
Dart 38, un bolide da 76 nodi
Tutto nasce da un incontro con l’ing. Carlo Chiti –racconta in un articolo del ‘72 lo stesso Levi– progettista famoso in tutto il mondo sia per le sue vetture da corsa per Ferrari, poi per Alfa Romeo. È proprio durante la permanenza di Chiti presso Autodelta che nasce l’idea, quando questi comunica a Levi la presenza di un motore tanto ben riuscito da essere ideale anche per un offshore. In poche parole, si tratta di una coppia di motori Alfa Romeo derivati dall’omonima 33 Stradale, trasformati dai 2 litri originali a 4 litri, da 250 cavalli a 500… Sarà uno dei motori più potenti e, sul Dart 38 di Levi, equivarrà ad un totale di 16 cilindri per volare a 76 nodi.
Dart 38
Dart 38 – Carena e progetto
Guardando alla pura tecnica, lo scafo è un V profondo con un diedro poppiero di circa 25° e baglio estremamente stretto, per un rapporto baglio-lunghezza fuori tutto di appena 1/8. Lo scafo è, insomma, una sorta di scheggia, un dardo appunto (dart, dardo in inglese), lungo 11,25 metri e largo appena 2,75. Una sottospecie di missile capace di correre a oltre 140 km/h sull’acqua… Un risultato tanto impressionante quanto complesso da raggiungersi.
Il punto di partenza, una volta in possesso dei motori, fu infatti la riduzione idrodinamica, fondamentale per poter tirar fuori il massimo dei cavalli offerti dai motori stessi. Tenendo a mente che le eliche e gli assi stessi sono una grandissima fonte di resistenza idrodinamica, Levi seppe risolvere qui con un colpo geniale: eliche di superficie. Ovvero, passando da un sistema tradizionale in linea d’asse con eliche immerse ad un sistema di superficie, si riduce contemporaneamente sia l’attrito prodotto dagli assi (hanno inclinazione minore e quindi resistenza inferiore), sia quello dato dalle pale stesse che, qui, anzichè creare drag nella loro fase di non-spinta, risultano fuori dall’acqua, annullando la resistenza. Si evita, in contemporanea, il grave problema della cavitazione*.
Schema del Dart 38, notare la posizione dei motorie e la timoneria a sbalzo
A migliorare ulteriormente resistenze e assetto, i due motori Alfa Romeo vennero installati sfasati in altezza e uno davanti all’altro, riducendo così il baglio e distribuendo meglio i pesi, diminuendo al contempo la distanza trasversale tra le due linee d’asse. Ulteriormente a poppa, in coperta, trovava poi posto la postazione di timoneria. In termini di superfici plananti, invece, due pattini contribuivano a distribuire la portanza delle aree.
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Dart 38 – L’incontro tra idrodinamica e aerodinamica
Parlando di uno scafo capace di queste prestazioni, fondamentale diventa anche l’aspetto aerodinamico, una priorità perché non siano vanificati gli sforzi volti alla progettazione dell’opera viva, così come per non inficiare la stabilità dello scafo stesso. Notevoli, in questo caso, due pinne laterali, mezze ali a diedro positivo progettate da Levi per migliorare contemporaneamente la stabilità laterale aerodinamica e idrodinamica, arrestando così il rollio che, a velocità elevate, potrebbe presentarsi.
Una qualità utile anche in caso di scuffia (agli offshore capita, inabissandosi nell onde o letteralmente volando in aria), poichè la forma delle stesse era pensata per raddrizzare anche lo scafo, riportandolo, se non altro, in posizione normale.
Il Dart 38 visto da prua
Dart 38 – Vita operativa
Per impressionante che fosse, nonché effettivamente veloce e funzionale, il Dart 38 ebbe vita breve e sfortunata. Se nelle prime prove si rivelò mostruosamente efficiente e veloce, forse il più veloce del suo tempo, una volta giunti sui campi di regata fortuna e musica cambiarono.
Nel 1973 dovette ritirarsi già alla sua prima regata, andando invece danneggiato seriamente nella seconda. Qui, a causa di un incidente che impedì la partecipazione del copilota, corse con il solo pilota, pagando però il prezzo di una notevole differenza di peso rispetto al progetto. Dettaglio che, se con l’onda in prua non provocò differenze, lo vide invece inabissarsi in un’onda nel superarla correndo nella sua stessa direzione. Neanche a dirlo, l’acqua entrò nelle prese d’aria e sfondo tutto, segnando l’abbandono del progetto e la successiva demolizione dello scafo. Un’esperienza che, seppur in apparenza fallimentare, segnerà invece il futuro della nautica, che vede oggi introdotte tantissime delle soluzioni geniali introdotte qui da Levi.
*Cavitazione (in breve): il crearsi, nella faccia in depressione delle pale, di un vuoto, ovvero una depressione capace di far passare l’acqua dallo stato liquido a quello gassoso con bolle di vapore rarefatto. Il rischio, oltre alla riduzione dell’efficienza dell’elica, è il girare a vuoto della stessa, così come la potenziale implosione delle bolle, capace di danneggiare le pale.
I motori erano Alfa Romeo Montreal marinizzati 3000cc… Inizialmente il progetto prevedeva l’entrata nell’onda e la Barca prevedeva 2000 litri di zavorra a prua ed abitacolo a tenuta stagna… A Napoli dovettero abbandonare l’idea della zavorra..
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1 commento su “Dart 38 (11 m), la ricetta per “volare” a 76 nodi nei primi anni ’70”
I motori erano Alfa Romeo Montreal marinizzati 3000cc… Inizialmente il progetto prevedeva l’entrata nell’onda e la Barca prevedeva 2000 litri di zavorra a prua ed abitacolo a tenuta stagna… A Napoli dovettero abbandonare l’idea della zavorra..