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UFO giunto a noi da una lontana galassia o mostro marino uscito da un libro di Jules Verne? Queste le domande poste a Pete Bethume nel 2008, quando preparava Earthrace, trimarano hi-tech con cui si preparava a battere il record di velocità in termini di giro del mondo sulla rotta dell’equatore. Una sfida che noi sappiamo essersi rivelata vincente, con un tempo record di 60 giorni, 23 ore e 49 minuti. Ma vediamo cosa se ne pensava sulle nostre pagine nel Marzo 2008, quando la partenza era ancora tutta da prepararsi.
Earthrace UFO
Il record, al 2008, era detenuto dall’imbarcazione inglese Cable & Wireless Adventurer, che ben 10 anni prima fece segnare un tempo di 74 giorni, 23 ore e 53 minuti. Può sembrare tanto metterci quasi due mesi e mezzo per circumnavigare il globo con una barca a motore, ma bisogna attraversare ben tre oceani in qualsiasi condizione meteo questi si presentino e dosare le proprie riserve per poter giungere al ‘pit stop’ successivo per il rifornimento. Un’impresa non poco ardua, basti pensare che il precedente vincitore del record, stabilito nel lontano 1960, era detenuto da un sottomarino nucleare americano, il Triton, che lo fece in poco più di 83 giorni, senza doversi preoccupare delle condizioni marine di superficie!
Earthrace
Le Regole del Record
Questa competizione è molto affascinante, perchè ha ben pochi vincoli e lascia ai team, ai ricercatori e agli ingegneri, ampio campo per l’intelletto e tanto spazio alla fantasia. L’UIM World Power Authority ha imposto che la rotta debba passare attraverso i canali di Panama e Suez, e che i rifornimenti si possano solo effettuare in porti attrezzati, e non durante la navigazione. L’unica limitazione riguardante la barca è relativa la lunghezza, mentre il punto d’arrivo e di partenza, come la direzione che si sceglie di seguire per l’equatore, rimangano a totale discrezione dell’equipaggio. Insomma, un campo di regata enorme da gestire come meglio si crede.
Earthrace – La rotta del record
Earthrace, ecco il nome dello sfidante
Questo progetto, a suo tempo, nasce dalla volontà dello skipper neozelandese Pete Bethume, che ha investito, insieme alla moglie, tutto ciò in suo possesso al fine di realizzare la sfida. La costruzione dello scafo è stata una delle più accurate e complesse in termini di dimensioni (contestualizzando al 2005. ndr.). Nel cantiere Calibre Boats di Auckland hanno lavorato per ben 14 mesi e per un totale di 18mila ore prima di poter varare la barca, il 24 febbraio del 2006. La barca, comprensiva dei due scafi laterali, misura 24 metri di lunghezza per una larghezza totale di oltre 8, mentre il peso a secco si aggira sulle 13 tonnellate; una vera e propria piuma sull’acqua per essere un 80 piedi. Non è stato facile ottenere tanta leggerezza pur mantenendo una rigidità strutturale in grado di reggere onde gigantesche. Per questo, sono stati utilizzati materiali compositi avanzati come il carbonio e il kevlar, particolarmente resistenti ma estremamente leggeri.Prua affilata e carburante biodiesel.
Per prima cosa nell’innovativa carena dalle forme aguzze e affusolate. Anche se abbastanza simile all’imbarcazione del record precedente (anch’essa un trimarano), Earthrace sposa la filosofia del “wave-piercing”, attraversa cioè le onde bucandole da parte a parte, anziché oltrepassandole in superficie. Una tecnica che riduce gli sforzi sulla struttura dovuti dagli impatti con il moto ondoso e che presenta diversi vantaggi. In termini puramente prestazionali, si riducono al minimo le decelerazioni dovute al superamento dell’onda, con un beccheggio decisamente ridotto rispetto ad uno scafo convenzionale. Da questo deriva un minor consumo di carburante, una velocità media più costante e un maggior comfort per l’equipaggio. La propulsione, affidata a due Cummins MerCruiser da 540 cavalli, ci presenta invece un nuovo (2008) modo più pulito di andare per mare, poiché sfrutta carburanti ecologici. Quello che riempie i serbatoi di Earthrace per l’impresa è infatti un biodiesel, combustibile sostitutivo del convenzionale gasolio e ottenuto da fonti naturali rinnovabili, come i semi di soia, di colza, girasole e canola.
Earthrace – Immagini di studio
La strategia Vincente
Sono due i principali modi di attraversare gli oceani Atlantico e Pacifico, e si basano sulle capacità del proprio mezzo. Per imbarcazioni con autonomia al di sotto delle 2500 miglia, il percorso obbligatorio è quello della rotta a nord, in direzione est, che consente di sfruttare a favore le correnti e i venti. Per Earthrace, che vanta un’autonomia ben più elevata, è possibile attraversare gli oceani con la rotta più diretta possibile, seguendo l’equatore in direzione ovest. I pit-stop programmati sono 12, destinati al rifornimento durante il tragitto. Data la durata della sfida con carburante biodiesel ecologico, non reperibile in tutti i paesi di sosta, il team ha organizzato l’invio dello specifico carburante in ogni punto di sosta in cui fosse necessario. Le soste previste, ridotte al minimo, ammontano a 2 ore l’una, tempo necessario ai rifornimenti, cambusa e manutenzioni, oltre, ovviamente, alla stampa e ai media.
Earthrace – Team
Una Spinta Continua
Nella sala macchine, molto stretta per essere un 80 piedi, sono installati due motori Cummins MerCruiser QSC-540 di serie, accoppiati ad altrettanti invertitori ZF 350 con uscita angolata e rapporto di riduzione di 1,4:1. Questi propulsori sono stati scelti per differenti motivi, primo tra tutti la bassa emissione di gas di scarico. Come secondo criterio, è stata presa in considerazione la buona efficienza dei gruppi termici, vantano una discreta potenza senza richiedere consumi eccessivi; un argomento di non poco conto per un’imbarcazione che richiede un’autonomia di parecchie miglia. In ultimo, ma non certo meno importante, l’ottimo rapporto peso/potenza, forse uno dei migliori nella sua categoria, fermo restando le grandi doti di affidabilità. Inoltre, la fitta rete di assistenza Cummins MerCruiser assicura un valido punto di appoggio in tutte le tappe previste durante la circumnavigazione.
Earthrace
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