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Il gozzo è forse il tipo di barca più diffuso in tutta Italia. Se ne incontrano di ogni dimensione, materiale, età, costo e tipo. Sì, perché tutti i gozzi sono uguali…maalcuni sono più uguali degli altri, per citare Orwell. Per capirne le differenze, bisogna ripartire dalle origini, quando il gozzo era una piccola barca da pesca e da lavoro, in legno, a remi o armato a vela. Nei decenni, se non addirittura secoli, si è evoluto a seconda delle esigenze delle diverse aree di utilizzo. Su tutte, sono due le varianti che hanno avuto più seguito: quella ligure e quella sorrentina.
Il derby dei gozzi: sorrentino VS ligure
Pertanto, ad oggi, quali sono le caratteristiche che identificano una scuola piuttosto che un’altra? Diciamo subito che le differenze si vedono soprattutto sui modelli più piccoli, con progetti che nascono più indietro nel tempo e quindi più fedeli alle rispettive tradizioni. I gozzi superiori ai 10 metri, sempre più diffusi per esigenze di mercato, sono andati a esplorare nuove soluzioni, sia estetiche che strutturali, rivisitando le linee classiche e creando una commistione di stili difficile da catalogare.
Gozzo P23
Sui natanti invece è ancora possibile riconoscere gli stilemi che, fino a qualche anno fa, consentivano immediatamente di classificare un gozzo come sorrentino o come ligure. In particolare, quest’ultimo è da sempre rimasto più legato alla filosofia originale. La prua è appuntita e il dritto evolve ancora nella pernaccia, un elemento più che altro decorativo nella sua semplicità, quasi come se una barca umile non fosse degna di una polena. La poppa conserva un buon coefficiente di finezza, come una seconda prua, permettendo un governo invidiabile anche con un mare in poppa. O almeno finché le carene sono rimaste dislocanti. Oggi il mercato richiede scafi veloci, e le opere morte tipiche del gozzo vengono “innestate” su carene plananti.
E questa è un’altra differenza: le linee sorrentine si prestavano meglio alle prime evoluzioni semiplananti. Nello specifico, la poppa dei gozzi sorrentini, pur rimanendo tecnicamente tonda, è più squadrata, curvandosi al giardinetto ed arrivando praticamente piatta sul dritto di poppa. Questo, oltre ad aumentare gli spazi in coperta, dava una maggior superficie su cui applicare dei flap per il sostentamento idrodinamico. A prua, molto più tonda rispetto alla controparte ligure, le murate si aprono orizzontalmente per dare la maggior superficie di coperta, e la pernaccia sparisce.
O almeno, queste sono le caratteristiche di come li conosciamo oggi, soprattutto grazie ai cantieri che hanno creato delle vere e proprie icone. Per i gozzi sorrentini non si può non pensare alla famiglia Aprea, ma sono letteralmente decine i cantieri che hanno seguito questo stile. Numeri forse più contenuti per i cantieri liguri, ma nomi altrettanto rappresentativi: Patrone, Sciallino, Ruocco, Calcagno.
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