Tempi incerti per il Gruppo Ferretti. Il presidente Tan Xuguang si è dimesso per limiti di età e ci sono voci consistenti di un possibile ritiro della holding cinese Weichai dal capitale dell’azienda. Perché è finito l’idillio con il colosso cinese che nel 2012 lo salvò dal fallimento?
Il Gruppo Ferretti forse è a un giro di boa e nei prossimi mesi potrebbe affrontare acque turbolente. In attesa della presentazione dei dati semestrali fissata per giovedì 29 agosto, l’azienda con il quartier generale a Forlì è interessata da voci di un possibile disimpegno dell’azionista di maggioranza, il colosso Weichai controllato da Pechino, che al momento detiene il 37,5% del capitale.
Nel frattempo proprio Tan Xuguang, presidente di Weichai, a 63 anni si è dimesso da tutte le sue cariche per raggiunti limiti di età. Ricordiamo che nel 2012 proprio “Chairman Tan” e la holding Shandong Heavy Industry Group (Shig)-Weichai, una delle più grandi società cinesi che operano nella produzione di motori diesel e veicoli pesanti, erano stati i più forte fautori del salvataggio del Gruppo Ferretti dal fallimento. L’acquisizione da parte della holding cinese aveva permesso il rilancio di un’impresa divenuta in questi anni leader mondiale nella progettazione, costruzione e vendita di yachts a motore e da diporto di lusso. Lo stesso Xuguang peraltro aveva ribadito che avrebbe sostenuto il cantiere di Forlì per almeno 300 anni! Come mai allora questa improvvisa inversione di rotta? E che ne sarà ora del prestigioso Gruppo Ferretti?
Tutta colpa del “Golden Power” applicato dall’Italia
Sembra che alla base della decisione della fuoriuscita delle quote di capitale da parte del colosso cinese ci sia stato il ritiro nel 2024 di due delibere su un’operazione di acquisto e annullamento di azioni proprie fino a un massimo del 10% per via dell’esercizio del “Golden Power” da parte dello Stato italiano. Il “Golden Power” è uno strumento normativo che permette al Governo di un Paese di bloccare o apporre particolari condizioni a specifiche operazioni finanziarie che ricadano nell’interesse nazionale. A quanto pare Ferretti è stata sottoposta alla normativa sul “Golden Power” per via di alcune tecnologie nell’ambito della sicurezza e della difesa sviluppate dalla Ferretti Security Division, che rende le imbarcazioni difficilmente tracciabili.
La decisione del Governo italiano avrebbe di fatto irritato il colosso statale Weichai e i timori per ulteriori restrizioni abbiano spinto l’azionista di riferimento cinese a fare dietro front. Al momento non si capisce se quella dei cinesi sia una decisione già presa o una velata minaccia che sembra comunque confermare una situazione di attrito e incertezza.
I possibili scenari futuri del Gruppo Ferretti
Gruppo Ferretti, che è quotato in Borsa sia a Hong Kong che a Milano, dopo le dimissioni del presidente cinese potrebbe ora decidere di nominare subito un nuovo vertice o incaricare una figura “ad interim” per l’esercizio di determinate funzioni, in attesa dell’assunzione della carica da parte di un nuovo presidente. La nuova figura potrebbe essere Piero Ferrari, azionista di minoranza.
Per il resto, al momento tutti i possibili scenari del gruppo italiano sono aperti: uscita definitiva di Weichai da Ferretti con la vendita della quota di maggioranza a un nuovo acquirente gradito al colosso cinese oppure una scalata da parte degli azionisti di minoranza o un gruppo di imprenditori italiani ed europei interessati a rilevare un’azienda solida e competitiva a livello internazionale. La famiglia Bombassei, per esempio, che controlla la mitica Brembo, ha comprato altre azioni Ferretti sulla piazza di Hong Kong, con voci di movimenti anche da parte di altri importanti imprenditori italiani.
Per ora i numeri del Gruppo italiano sono in crescita
Nonostante l’attuale situazione di incertezza, c’è da dire che ad oggi l’azionariato del Gruppo Ferretti, tolto il capitale flottante che è pari al 42,61, vede fra i principali investitori Weichai (37,54%), Valea Foundation di Karel Komarek (10,01%), Danilo Iervolino (5,28%) e Piero Ferrari (4,56%). L’azienda esporta in oltre 70 Paesi, con una presenza diretta in Europa, Asia e Usa e gestisce sette cantieri navali in Italia: Ancona, Cattolica, Mondolfo (Pesaro-Urbino), Sarnico (Bergamo), Forlì, La Spezia (completamente rinnovato a maggio) e Ravenna (con il nuovo scalo che sarà operativo nella prima metà del 2025).
Il portafoglio ordini del Gruppo supera 1,6 miliardi di euro, in crescita di oltre il 10% rispetto al 31 dicembre 2023. Insomma, tutto procede a gonfie vele. Ma per quanto tempo ancora?