“Andare in barca è una meraviglia, anche da soli. Così navigo sul mio 12 metri”

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Il Sasga 42 HT Tatou
Il Sasga 42 HT Tatou

Lontano dal rumore, dai porti affollati e dagli schiamazzi. La barca come luogo sicuro, un guscio protettivo, un habitat ideale per rilassarsi, ma anche per lavorare. Insomma, uno spazio dove stare bene e in pace, in compagnia o con sé stessi, perché non sempre, quando si vuole andare, c’è qualcuno di disponibile.

Vincenzo Vigo, pubblicitario di professione, è CEO e direttore creativo di  Mosquito, la sigla da lui creata nel 2013, e autore di campagne molto famose come l’indimenticabile  “Denghiu” creato per promuovere un corso di inglese per De Agostini con  Aldo Biscardi testimonial, la saga dell’uomo invisibile e quella di José Mourinho per la Sambuca Molinari o il mondo in animazione e 3D per il Gruppo CRAI, ci racconta la sua passione per la nautica. Partito da un piccolo gommone giallo quando era adolescente, oggi è un affezionato proprietario di un Sasga 42 HT, dopo aver avuto anche un 34 piedi del cantiere spagnolo e varie altre barche.

Vincenzo Vigo

Nel suo approccio fatto di navigazioni prolungate, rade e paesaggi meravigliosi, ci sono quei preziosi consigli che fanno venire voglia di andar per mare 365 giorni all’anno, e pure qualche notte. C’è poi quel grande rispetto per l’ambiente e per gli altri – oggi non sempre presente, che dovrebbero caratterizzare tutti i diportisti. Ecco la sua storia.

Andiamo alle origini, com’è nata questa passione per il mare?

“Allora, ciò che sto per dire sembra una follia, ma è vero: da bambino facevo le crociere sul letto. Io, da sopra, facevo il capitano, un piatto in mano come timone, binocolo e patatine fritte e sotto c’erano i miei fratelli. Viaggiavamo da fermi, così. Poi, visto che io non li facevo mai salire sopra il ponte di comando crescendo si sono ammutinati. È iniziata così, poi a quattordici anni mio padre mi disse che mi avrebbe voluto comprare il motorino. Gli risposi: “No, papà, non voglio il motorino. Perché non un gommone?”. Lui fu d’accordo. Io ho quasi 66 anni, siciliano, e all’epoca non c’erano grandi concessionari. Andammo ad un negozio, praticamente un ambulante, che aveva questi gommoni, devo dire orrendi, francesi che si chiamavano Mapa, forse Mapà, e ne comprammo uno che era due metri e sessanta circa con un Jonhson quattro cavalli. Un fumo e una puzza… ovviamente due tempi, un 2% abbondante di miscela e via. Da lì, la passione non ha mai smesso di crescere. Mi ricordo di quando presi un Rio 310, una specie di mito allora. Era una vasca da bagno, ma con un 15 cavalli Evinrude si volava…”

Tatou

Quindi le barche hanno sempre fatto parte della tua vita?

“In realtà per un po’ ho dovuto mettere da parte questa passione. Mi ero trasferito a Milano e a Torino per lavoro. Dove stavo di mare non ce n’era. Nel frattempo, avevo riesumato una barca che mi aveva fatto un artigiano siciliano, una lancia in legno con carena planante, che tiravo fuori giusto quando tornavo in Sicilia. Era bellissima. Dopo ho avuto un gozzo Bani 760, quelli che fanno a Porto Santo Stefano (vicino a Grosseto n.d.r.). Poi, nel 2016, ho incontrato i Sasga. Era appena arrivato il nuovo 34, un 9 metri, che per certi versi sembrava uno scherzo. Fuori piccolo, appunto neanche 10 metri, ma dentro enorme. Ne presi uno e lo volli con motori da 260 cavalli che era più della potenza suggerita. All’inizio non volevano, oggi montano il 270 cavalli (ride, n.d.r.). Mi sento molto legato a questo marchio. Dopo tre anni, quando ne ho compiuti sessanta, complice il mio metro e novanta di altezza, l’apertura alare e l’avere un bagno solo, sono passato al Sasga 42, la barca che ho ora. Non è il progetto più nuovo del cantiere perché è del 2011. Ha una cabina armatoriale e una ospiti un po’ più sacrificata rispetto ai grandi volumi oggi sono richiesti su scafi di questa dimensione, ma ha una cucina meravigliosa, una tenuta al mare e un’eleganza uniche. A me non piacciono i “ferri da stiro”, qui c’è marinità vera.”

“Come navighi solitamente?”

Quando ero più giovane avevo un amico medico che mi portava su una piccola barca a vela, un 470, un’esperienza completamente diversa perché richiede tempo, passione e cura. Però, quella lentezza, la passione per il viaggio, mi è rimasta. Non ho bisogno di prendere la barca per andare a fare il bagno a 50 nodi. Oggi molte barche, per le carene che hanno, se non corri, soffri. Questa da 6 a 18 nodi è perfetta. Ho messo lo stabilizzatore, un Quick, che a parte un po’ di rumore essendo raffreddato ad aria, è ottimo. Ho anche messo il dissalatore perché faccio molta rada e in questo modo posso muovermi in autonomia anche per più giorni.

Un tramonto fotografato a bordo di Tatou

E in genere dove navighi?

Adesso la tengo ad Ischia proprio perché è bello e tranquillo. Per me che abito a Roma, Ponza per esempio è come andare sulla Tiburtina mentre a Gaeta sei in mezzo alla movida, ma con le isole a due o tre ore. Quindi parto da Ischia e mi faccio tutta la Costiera. Se devo dirti un nome trovo che punta Licosa sia un luogo magnifico, quasi magico. In generale, comunque, Ischia, la costiera Amalfitana, ma anche Ventotene anche perché con il 42 entro praticamente ovunque.

Altri mari all’orizzonte?

Ora sto pensando di metterla in Grecia. Sono stato in Sicilia, alle Eolie, e trovo che lo stretto sia speciale da attraversare. A me piace stare in mare anche quando è grosso perché spesso ci sono due o tre barche a vela e me, a motore, e basta. Non vedi nessun’altro. Nessuno esce, i grandi e piccoli yacht restano tutti in porto. Pensare che nella gamma di Sasga ho una delle più “vecchiotte”. Eppure, fino a due metri di onda, a 13 nodi, vai come se niente fosse. Cavalchi un po’, ma vai. Poi lo stabilizzatore ti aiuta anche qui, ma sei tranquillo sempre. Io non soffro il mal di mare e lo stabilizzatore aiuta. Che altro si può volere? Con questa tranquillità, quindi, vorrei fare una navigazione ancora più lunga e la destinazione che mi attira di più è la Grecia.

Hai un equipaggio tipo?

Mia figlia che a bordo è molto brava o alcuni amici. Non mi piace affollarla perché gli spazi in barca sono sacri. In questo modo possiamo viverla al meglio tutti. E poi spesso io esco molto da solo.

Non è da tutti, soprattutto con un 12 metri a motore. Come hai iniziato a farlo?

Beh, il motivo è semplice: non sempre trovi le persone. Per dire, quando vai a giocare a tennis devi avere per forza un’altra persona, ma in barca per fortuna puoi non averla. Ti piacerebbe a volte avere un amico o un’amica, ma una volta non può venire, un’altra volta la barca è lontana, quella dopo c’è troppo mare. E devo dire che star da soli a bordo è bellissimo. Certo, devi sapere cosa fare. Quella che molti chiamano solitudine per me è una libertà e se sei attrezzato non c’è nessun momento morto. Leggo e lavoro, spesso. Poi cucino anche parecchio perché ho una grandissima cucina. E poi, lo dico adesso dopo tanti anni, penso di essere un ottimo chef. Più che altro perché quando metto a tavola qualcosa si mangerebbero pure i piatti.”

L’isola di Santo Stefano

Che cucina porti a bordo?

Mi piace molto anche la cucina piemontese. Non c’entra col mare, ma è tra le mie preferite. In generale comunque spesso mangio pesce o delle paste che mi invento.

Peschi?

Credo che sia una parte che si può evitare. Non sono mai stato un accanito pescatore e non facendolo per necessità soffro un po’ nel vedere le creaturelle morire davanti. L’ultima volta a Trani presi una lampuga e mi impressionò. È stata l’ultima, diversi anni fa.

E 12 metri sono tanti o pochi?

Per me, che navigo sia in compagnia che in solitario, è la dimensione perfetta. Poi, certo, uno si adatta e si arrangia. Ma per andare in queste zone, come Ventotene, è l’ideale e per questo ci vado almeno una o due volte all’anno,. Quando hai ospiti forse la cabinetta è un po’ sacrificata, ma anche lì uno si adatta. Il punto è che salendo di dimensioni, passare già dai 12 ai 14 metri diventa impegnativo da gestire. Da una parte ci sono i costi, certo, ma proprio in generale, diventa un altro tipo di barca, per cui essere in due è sempre meglio. Non è la dimensione in quanto tale, ma il fatto che dopo una certa misura cambiano le dinamiche e ciò che uno riesce a fare o non fare con le proprie braccia. Banalmente un passo e mezzo in più per andare a dare la cima all’ormeggio può influenzare la qualità del rientro. E l’uscita, ad esempio, diventa più legata alle condizioni meteo perché da solo non te la senti e finisce che, pur avendo più spazio, le occasioni per cui la utilizzi sono minori, ecco. E allora sto bene così, per ora.

L’esperienza più bella?

Direi il trasferimento da Minorca quando sono andato a prendere la barca (alla consegna di una barca Sasga, l’armatore può “ritirarla” via mare dal cantiere di Minorca n.d.r. ). 200 e passa miglia fino a Stintino. La forza della carena e la grandiosità di un mare che ti avvolge e non vedi nient’altro che le stelle.

Quindi anche la barca in notturna da solo? Non ti spaventa?

È una meraviglia, altro che. Ho fatto anche due volte le Bocche di Bonifacio, che adoro, ma è il mare aperto che mi affascina. Certo, poi dopo un po’ anche vedere la terra mi piace. Quando avevo il 34 (sempre Sasga), che è un guscio, avevamo due metri di onda al traverso e la barca ovviamente si muoveva, rollava, ma non avevo paura.  Se ti senti sicuro sai che c’è da soffrire un po’, ma non succede niente. Non hai la sensazione dell’”oh mio Dio, cosa succede”. Merito va alla qualità di assemblaggio pazzesca, questo va detto. Ma è su barche così che ti godi davvero la navigazione e non ti spaventi.

Navigazione notturna a bordo di Tatou

Un momento da non ripetere, invece?

Una volta facevo rada a Casal Velino. Ho preso, di notte, due anni fa una gran bella tempesta, vento fortissimo. Sono stato tre ore a girare sull’ancora e che puoi fare? Niente, non puoi salpare l’ancora, c’è l’acqua che ribolle intorno. Aspetti, aspetti, e basta.

Il mare insegna la pazienza…

Pazienza, coraggio e perseveranza, ma anche a non dare nulla per scontato. Ho molto rispetto per questo elemento, il mare. Quella volta non ho avuto paura, sinceramente, ma il disagio per non poter governare. Nella circostanza in cui ero, non correvo dei seri pericoli per la mia incolumità, però c’era il disagio di non poter fare nulla. Ammetto che è stata colpa mia questa situazione perché avevo già preso una mezza tromba d’aria a Capo Palinuro. Siamo entrati al porto, ma non c’era posto. E allora ci siamo ridossati in una piccola insenatura che c’è lì vicino. Solo che c’era un locale che sparava musica a palla. Allora ho detto “partiamo, qui non possiamo stare, facciamo rada”. L’acqua era piatta e mi sono detto che ormai la buriana c’era stata ed era passata. Probabilmente mi ha sentito ed è tornata.

Quindi oltre a rispettare il mare, c’è anche un invito agli altri ad essere più rispettosi…

Trovo che i porti oggi siano troppo rumorosi. Molti armatori non hanno compreso che la barca non è moda, ma in primis una filosofia di vita. Non vai in barca perché è trendy, ma perché è un modo meraviglioso di vivere il mare. Basta musica a palla. Io mi sono reso autonomo e vado a fare rada. La mia barca l’ho chiamata Tatou che in francese vuol dire “armadillo”. La barca è la mia corazza, un luogo dove rilassarmi e mettermi in pace. Poi quando sei da solo in mezzo ad una baia ed uno ti ormeggia a tre metri di distanza che cosa gli vuoi dire? Magari mette pure lui la musica…

Per come navighi, c’è qualche altra barca che ti affascina?

Ci sono tanti cantieri molto buoni al mondo, questo lo so. Oltre alla carena devo dire che do molto peso anche all’eleganza, all’estetica. A bordo del mio 42 ci sono alcune cose da migliorare, ma è un progetto che ormai ha diversi anni. Devo quindi dire che non mi è mai venuto di cercare altro perché trovo questa una soluzione ideale per me. Certo, però, che ci sono altre barche che mi piacciono. Alcune sono un po’ fuori portata, penso alle olandesi tipo le Mulder o ai Riviera australiani, molto buoni come qualità, ma è un altro modo di muoverti.

Eleganza, tenuta al mare. I Mulder… sei un armatore da lobster?

Mi affascinano anche se le trovo un po’ sacrificate negli spazi. Barche come gli Hinckley americani, però, mi piacciono molto. Sono stato a Nantucket (Massachusetts), negli Stati Uniti e lì era pieno zeppo. Barche bellissime, veramente, ma che costano anche parecchio.

Sei a bordo tutto l’anno?

No, principalmente da maggio a metà novembre. Poi quando va via l’ora legale, le giornate sono corte, in realtà non esco spesso, anche perché vivo a Roma. Se vivessi, ad esempio, sul mare probabilmente uscirei anche a febbraio e marzo.

Acque che sogni di solcare?

Un viaggio in Atlantico. Forse non con la mia, ma è una cosa che mi manca e che vorrei fare. E certe cose, se non lo fai, non le immagini nemmeno. In quella traversata da Minorca ho visto dietro di me una scia luminosissima, una poesia pazzesca. E che luce. Altro che buio. Meraviglioso. In oceano penso che questo possa essere addirittura amplificato.


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2 commenti su ““Andare in barca è una meraviglia, anche da soli. Così navigo sul mio 12 metri””

  1. Racconto Bellissimo … e un po’ lo Invidio perche’ e’ quello che Vorrei fare Anch’ io, Comprare una Barca a Motore di 7-8 metri e Godermi la Pensione Navigando il Mare Adriatico ma Scendere da Venezia fino in Sicilia e alle Sue Magnifiche Isole, dalle Eolie fino a Favignana !!!

  2. E’ molto bello sentire un racconto di un motorista che si avvicina alle sensazioni di un velista. Un approccio con il mare di rispetto come se lo volessi accarezzare , lasciandoti andare fiducioso che entrambi si rispettano. Amare il mare di notte con le sue luci naturali, le stelle che ti illuminano nel tuo percorso. Condivido in pieno le sensazioni vissute. Uno spaghetto in pieno mare e’ il massimo e ti fa però capire anche della piccolezza dell’uomo in questo infinito universo. Chi ha la fortuna di poter godere il mare e’ un eletto e deve rungraziaziare e rispettare quelll che ci è stato donato. Buon mare a tutti

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