Ci sono tre date che possono sintetizzare al meglio la storia di Nautor’s Swan. Il 1966 anno in cui fu varato Tarantella il primo scafo a vela di 36 piedi firmato da Sparkman & Stephens. Poi ci fu il 1998 che segnò l’ingresso sulla scena di Leonardo Ferragamo sotto la cui guida il cantiere iniziò un nuovo percorso di sviluppo e di successi. Infine il 2021.
Per essere più precisi il 15 gennaio, una data che passerà alla storia perché sancisce il debutto di Nautor’s Swan nel motore. Non è una scelta dettata dal caso o da un improvviso cambio di strategia dal momento che il core business resterà sempre la vela. Anzi è stato proprio il patrimonio di conoscenze abbinato alla cultura nautica da sempre tratto distintivo del cantiere ad aver convinto Leonardo Ferragamo a concepire non tanto una nuova gamma di barche a motore ma un nuovo modo per poter vivere il piacere del mare e della navigazione come ci spiega nell’intervista che ci ha rilasciato.
L’ingresso nel motore segna un momento epocale nella storia di Nautor’s Swan?
Senz’altro. Ma ci tengo a precisare che Nautor’s Swan prima ancora di essere un cantiere è un marchio e come tale incarna valori e competenze. Questa scelta si può definire una naturale evoluzione e trasferisce nel motore quella visione, cultura, e tradizione che sono alla base del successo del brand nel mondo della vela.
Cosa vi ha spinto a concepire un’imbarcazione a motore?
Erano anni che avevamo guardato con interesse all’ipotesi di entrare in questo mercato. Ma abbiamo resistito alla tentazione fino a quando non siamo stati sicuri di proporre qualcosa di assolutamente innovativo. Tutto è nato dall’idea di concepire uno scafo di supporto a completamento dell’offerta Nautor’s nella vela. In seguito, più il progetto andava avanti più ci siamo resi conto che questa imbarcazione avrebbe potuto intercettare l’interesse non solo di una platea composta dagli armatori di barche a vela Swan ma di un pubblico molto più ampio alla ricerca di qualcosa di unico.
Quali sono gli aspetti più salienti di questo progetto e in che modo concorrono a distinguerlo rispetto all’offerta presente sul mercato?
Prima di tutto il tipo di approccio. Cultura, eleganza, spirito innovativo. Abbiamo voluto trasferire nel motore quelli che da sempre sono i tratti distintivi della gamma Swan a vela. Il risultato è un’imbarcazione che abbina un linguaggio stilistico ed estetico di raffinata eleganza a tanti aspetti funzionali.
Ci può fare qualche esempio?
Il profilo è ben proporzionato e bilanciato con il dritto di prua e la sezione di poppa verticali che ne accentuano l’eleganza. Inoltre l’impostazione del piano di coperta, su un unico livello e senza gradini, concepito su un’impostazione walkaround la rende particolare pratica in termini di vita a bordo. Abbiamo anche trovato il modo di ingentilire la plancetta di poppa nascondendo alla vista la presenza ingombrante dei fuoribordo inseriti all’interno di una piattaforma che, a seconda delle esigenze, può alzarsi o abbassarsi in modo da favorire l’accesso in acqua o l’ormeggio in banchina. E sono solo alcuni esempi.
In che modo il tema della funzionalità è stato indagato a fondo in modo da poter andare incontro alle richieste di un’ampia platea di diportisti?
La carta vincente di questo progetto sta proprio nell’aver concepito un’imbarcazione il cui utilizzo è declinabile in svariati modi. A iniziare, per esempio, dalla possibilità di avere un Long Top che grazie alla presenza di pali telescopici abbinati a pannelli in vetro mobili permette di creare un ampio spazio protetto e riparato dagli elementi esterni tale da renderlo il mezzo di appoggio ideale per i grandi yacht. Di contro la necessità di poter alloggiare attrezzature per le immersioni, o per praticare windsurf, pesca sportiva, kite surf è stata assecondata liberando lo spazio di poppa recuperando così un’ampia superficie da destinare a questo utilizzo. Tutto ciò è frutto di un grande sforzo progettuale e creativo la cui finalità è offrire un nuovo tipo di esperienza di vita di bordo.
Che tipo di accoglienza pensa possa avere un’imbarcazione concepita e costruita da un cantiere che vanta una lunga tradizione nella vela ma alla sua prima esperienza nel motore?
I valori in termini di serietà, qualità e competenza sui quali il brand si è costruito la propria reputazione nella vela sono gli stessi che abbiamo mutuato nel motore. Poi c’è un’altra considerazione. La nuova gamma Nautor a motore introduce sulla scena contenuti che scaturiscono proprio dal grande patrimonio di conoscenza maturato proprio in ambito velico. Se guardiamo lo slancio di poppa di questo modello, lo spessore delle fiancate, l’assortimento in termini di gamma di colori, notiamo un forte collegamento con il mondo dello Club Swan 50 (scafi monotipo a vela ndr).
Le murate abbattibili oggi molto in voga su modelli inseriti nella stessa fascia non sono presenti sullo nuovo motoryacht. Una decisione voluta?
In questa prima fase abbiamo preferito mantenere fede al concetto e alla filosofia di una shadow/chase boat, intesa proprio come barca appoggio. In futuro non escludiamo questa soluzione. In campo velico il cantiere da sempre si è avvalso di alcune tra le firme più prestigiose dello yacht design. Questo progetto porta in dote la firma di Jarkko Jämsén alla sua prima assoluta con Nautor’s Swan.
Quali le ragioni dietro questa scelta?
È avvenuto tutto in modo casuale. Abbiamo avuto modo di conoscerci recentemente e iniziare un percorso condiviso. Progettualità e design da sempre mi affascinano molto. Durante il periodo del lockdown ho avuto occasione di approfondire con Jarkko tutti gli aspetti legati al progetto in un modo completamente nuovo. Tra i punti di forza dello studio la possibilità di avvalersi di una tecnologia all’avanguardia grazie alla quale potevo cogliere, quasi in tempo reale ogni cambiamento, ogni modificarichiesta pur lavorando in remoto e a distanza. Ma non è solo una questione di strumenti di lavoro. Jarkko, oltre ad aver dimostrato una grande professionalità, ha avuto un’attenzione particolare nel recepire le mie richieste e, a volte, anche le mie provocazioni.
Quanto c’è di suo in questo progetto nel motore?
Tanto. Come detto in precedenza l’idea di entrare nel motore covava già da tempo. In tanti anni ho avuto modo di sperimentare tante soluzioni ma non avevo mai trovato, anche da utilizzatore di barche a vela, nulla che rispondesse completamente alle mie esigenze. Non ho voluto farmi prendere dalla frenesia. Solo quando sono stato sicuro di presentare.
Intervista di Matteo Zaccagnino
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