Nel maxi emendamento collegato alla finanziaria c’è di tutto, ma nulla di buono per i porti italiani. Malgrado le promesse del governo, alla resa dei conti l’emendamento parlamentare che avrebbe dovuto mettere una pietra tombale sui contenziosi di 25 porti turistici con lo Stato non è stato inserito nel maxi emendamento del Governo, votato al Senato. E pensare che i “cugini” degli stabilimenti balneari hanno avuto, in barba alla legge europea che vieta la proroga delle concessioni demaniali lungo le coste italiane, ben 15 anni di prolungamento del loro “contratto”.
Il contenzioso dello stato con le 25 strutture portuali private riguarda la richiesta di aumento retroattivo sino al 400% del canoni demaniali fissati nel 2006. In assenza di una specifica norma a nulla sono valse le sentenze del Consiglio di Stato e quella della Corte Costituzionale, che ha sancito che i canoni possono essere aumentati, ma non retroattivamente. La sentenza della corte di Stato era chiara: “I nuovi canoni demaniali risultano applicabili soltanto alle opere che già appartengano allo Stato, mentre per le concessioni di opere realizzare a cura del concessionario, ciò può avvenire solo al termine della concessione, e non già nel corso della medesima”.
Cosa può succedere adesso? Il caso del Marina Blu di Rimini che si è visto recapitare una cartella per 1,1 milioni di euro, bloccandogli tutti i conti correnti da parte dell’Agenzia delle Entrate, rappresenta il rischio che corrono gli altri 24 porti turistici in causa con lo Stato.
Il danno alla fine rischiano di averlo i diportisti. La speranza e’ che non riparta la solita campagna demagogica e populista. Vi ricordate lo slogan: chi va in barca e’ per forza e’ ricco e quindi può pagare anche quello che non e’ giusto e lecito?