Non arriva l’esame per diventare skipper professionista. Ecco cosa succede

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Il titolo professionale di skipper non riesce a salpare. Dopo il decreto dirigenziale che lo scorso maggio aveva stabilito modalità e materie per svolgere l’esame di “Ufficiale di Navigazione da Diporto di 2° classe”, ovvero la nuova figura di skipper professionista, sembrava tutto pronto per partire.

Un’ottima notizia per tanti aspiranti comandanti del diporto (circa 3.000 secondo le stime di Confindustria Nautica) in attesa da anni di una qualifica svincolata dal settore mercantile, così come per decine di imprese di charter costrette a fare i conti con professionisti introvabili e a puntare sulla locazione (senza equipaggio) piuttosto che sul noleggio (con equipaggio). Invece a mesi di distanza dalla pubblicazione del decreto nessuna Capitaneria, le strutture incaricate di effettuare gli esami secondo un calendario almeno semestrale, ha in programma queste prove. È tutto fermo. Come mai?

A bloccare il provvedimento sarebbe un insieme di difficoltà interpretative, organizzative e anche economiche che di fatto paralizzano i comandi delle autorità marittime. A partire dai criteri di accesso ai corsi di addestramento necessari per accedere al titolo professionale. Vediamo perché.

Il problema dei corsi Stcw

Una delle caratteristiche essenziali del nuovo skipper professionista è che si tratta di una inedita figura “semplificata” del settore marittimo. Per la prima volta a chi lavora a bordo non è infatti richiesto il libretto di navigazione o l’iscrizione nelle matricole della Gente di Mare e neppure un tirocinio in navigazione. Uno snellimento burocratico richiesto da anni dal settore.

Tra i requisiti previsti per il nuovo Ufficiale da Diporto di 2° classe c’è, però, l’obbligo di superare specifici corsi di addestramento: antincendio di base, primo soccorso sanitario (First Aid), sopravvivenza e salvataggio, sicurezza personale e responsabilità sociale (Pssr). Questi corsi sono in realtà già previsti dalla convenzione internazionale “Stcw” (Standards of Training, Certification and Watchkeeping) per il personale marittimo imbarcato e svolti da appositi istituti autorizzati, che nella gran parte dei casi richiedono a chi partecipa l’iscrizione alla Gente di Mare. Un requisito, quest’ultimo, particolarmente stringente soprattutto per il corso di primo soccorso sanitario (First Aid) da svolgere presso le strutture sanitarie pubbliche.

Però, come detto, il nuovo titolo professionale di skipper non prevede l’iscrizione alla Gente di Mare. E allora, i nuovi comandanti del diporto possono partecipare a questi corsi? Non è chiaro. Neppure aiuterebbe, a questo proposito, una circolare del ministero delle Infrastrutture, uscita lo scorso 30 maggio, dal titolo perentorio: “Non ammissibilità ai corsi Stcw del personale non iscritto alla Gente di Mare destinato ad acquisire il titolo professionale di Ufficiale di Navigazione del diporto di 2° classe”. Quindi: niente corsi, niente abilitazione? Si attendono chiarimenti. Ma non solo su questo.

Quale corso d’altura?

Tra l’altro il decreto che ha istituito il nuovo titolo professionale di skipper  prevede infatti che al posto del corso di “sopravvivenza e salvataggio, sicurezza personale e responsabilità sociale (Pssr)” possa essere sostenuto un “corso di sicurezza personale per la navigazione d’altura” organizzato da federazioni del Coni o da altri enti riconosciuti idonei. Attualmente c’è però solo un corso di questo tipo in programma, quello previsto dalle Offshore Sailing Regulations di World Sailing, la federazione mondiale della vela, per partecipare alle regate d’altura più impegnative. Varrebbe anche per certificare l’ufficiale del diporto o bisogna istituirne uno specifico (come per altro sembra indicare il decreto)?

Burocrazia & soldi

A rallentare il via agli esami da skipper ci sarebbero inoltre anche problemi organizzativi. Mancherebbe ancora la necessaria modulistica e le indicazioni su come coordinare i calendari d’esame tra le varie autorità marittime. Infine, ma non per ultimo, alcune Capitanerie denuncerebbero un problema di carenza di fondi. Organizzare gli esami costa (i partecipanti alle commissioni ricevono un gettone di presenza) e per questo nuovo titolo non sarebbero stati stanziati specifici fondi. Un ostacolo, quest’ultimo, che potrebbe essere in parte ovviato accorpando questo esame con altri destinati ai marittimi. Supposizioni. La realtà è che tutti attendono chiarimenti su come procedere. Pare tuttavia molto difficile che il nuovo skipper professionista del diporto possa prendere il largo in tempi brevi.

Fabrizio Coccia


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