Una patente nautica unica per l’Europa? Perché sì e perché no

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PatenteNautica tagliata fuori LNI
Nuova patente nautica – L’analisi a due anni dall’entrata in vigore del decreto ministeriale

Perché con la patente di guida si può condurre o noleggiare liberamente una automobile in tutta Europa mentre con la patente nautica si incontrano mille problemi a fare la stessa cosa con un’imbarcazione?

A riproporre il problema della babele di abilitazioni nautiche che esistono nell’UE, tante quasi quanti gli Stati membri, e della loro scarsa compatibilità che rende spesso complicata la vita agli appassionati di mare è stato il lettore Marco Chinello in un’e-mail inviata alla rivista “sorella” di Barche a Motore, il Giornale della Vela.

Patente nautica unica europea

«Sono un cittadino italiano – scrive Chinello iscritto all’Aire e residente a Berlino (Germania) da circa sei anni. La vela è una passione che coltivo fin da prima del mio trasferimento all’estero e mi piacerebbe conseguire una patente nautica per navigare sia al Wannsee, quando sono a Berlino, sia nel Mediterraneo, quando rientro in Italia. Purtroppo, mi sono imbattuto in un paradosso burocratico. Secondo la normativa tedesca una patente nautica conseguita in Italia sarebbe utilizzabile in Germania solo per i primi 12 mesi di residenza. Al contempo, la normativa italiana stabilisce che come cittadino italiano posso comandare imbarcazioni italiane solo con una patente nautica italiana. Questo rende di fatto inutile conseguire una patente tedesca, soprattutto se in futuro decidessi di non risiedere più in Germania. Come appassionato, mi chiedo: qual è la strada migliore per evitare questa impasse normativa?».

Italiani residenti all’estero: incubo doppio esame

È vero, il mare dovrebbe unire i paesi che separa, come sosteneva il poeta inglese Alexander Pope, ma l’Europa sembra averlo disseminato di ostacoli burocratici e la libera circolazione, che rappresenta una delle conquiste più preziose dell’Ue, pare essersi fermata ai bordi del litorale. Così chi ha il permesso di poter condurre un’imbarcazione in Italia non ha la certezza di poterlo fare in Egeo, nel Baltico o nel lago di Costanza. E viceversa.

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In realtà, in base a quanto prescritto dall’art. 34 del Regolamento di attuazione del Codice del diporto, il lettore Chinello potrebbe conseguire la patente nautica in Germania e, come iscritto all’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero) e residente a Berlino, quando viene in Italia avrebbe comunque il diritto di condurre un’unità da diporto di bandiera italiana, a titolo gratuito ed entro i limiti previsti dalla sua abilitazione (sia la patente che il certificato di residenza esteri andrebbero tenuti a bordo in originale).

Però è vero che se in seguito trasferisse di nuovo la sua residenza in Italia, la sua patente tedesca non avrebbe più valore e dovrebbe ricominciare tutto da capo per ottenerne una italiana: una inutile perdita di tempo oltre che di denaro. C’è da dire che il recente disegno di legge “Valorizzazione della risorsa mare”, approvato dal Consiglio dei Ministri il 25 novembre 2024, prevede per i cittadini italiani iscritti all’Aire che hanno conseguito all’estero un’abilitazione alla navigazione da diporto la possibilità di convertirla senza esami con la patente nautica italiana quando trasferiscono la residenza nel nostro Paese. Ma l’iter del provvedimento è ancora piuttosto lungo e soggetto a modifiche.

Automobili sì, barche no!

Resta il fatto, quindi, che attualmente si può avere una sola patente di guida europea (e se ti trasferisci in un altro paese dell’UE, di solito non devi sostituirla con una del nuovo paese, anche se puoi farlo, a richiesta, con un modello equivalente), ma se hai una patente nautica non è previsto l’automatico riconoscimento reciproco tra gli Stati e l’abilitazione può essere accettata o rifiutata secondo i casi.

Un’incertezza che non solo ostacola chi si trasferisce in un altro Paese, come appunto il lettore Chinello, ma soprattutto penalizza i tanti charteristi che si spostano sempre più spesso nelle varie nazioni europee e si trovano magari di fronte società diffidenti con chi esibisce una patente estera, soprattutto se non riporta esplicitamente l’autorizzazione a condurre barche a vela.

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Così non sono rari i casi in cui a equipaggi che avevano noleggiato un cabinato in un’altra nazione, non è stata accettata la patente ed è stato imposto lo skipper locale per poter salpare. Un miscuglio di abilitazioni nautiche, quelle di eurolandia, che rende possibili anche vere e proprie truffe internazionali. Come quella avvenuta alcuni anni fa in Grecia, in una base ad Atene, dove un gruppo di 15 skipper russi che aveva noleggiato una flottiglia di barche a vela si era poi presentato al check in con patenti nautiche in lingua cirillica. Poiché la capitaneria di porto non le aveva accettate, essendo senza traduzione internazionale, se ne era incaricata la stessa società di charter, salvo scoprire che alcune di queste non erano nautiche, ma abilitazioni per condurre trattori o carrelli industriali.

L’International Certificate of Competence

Un tentativo di creare una sorta di patente internazionale per il diporto a dire il vero c’è stato con l’Icc, l’International Certificate of Competence. Non si tratta in realtà di una vera patente nautica, ma di un attestato di competenza rilasciato sulla base di corsi o esami nazionali che provano la capacità di gestire un’imbarcazione e di cui è stato a lungo un riferimento il Rya, l’inglese Royal Yachting Association. Integra, piuttosto che sostituire le abilitazioni nautiche rilasciate dai singoli stati. Creato nel 2012 sulla scorta della “Risoluzione 40” votata dal Comitato per le acque interne della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (Unece), l’Icc anche se è ufficialmente rilasciato e accettato solo dalle 22 nazioni che finora hanno aderito alla “Risoluzione 40” di fatto è diventato un prezioso passepartout nautico per tanti skipper riconosciuto da molte società di charter in vari paesi del mondo anche non aderenti alla “Risoluzione 40”, come la Francia, la Spagna, la Grecia e l’Italia. Patente unica o riconoscimento reciproco?

Del resto va detto che non tutti sembrano essere d’accordo nel creare una patente nautica unica comunitaria. Come l’Eba, (European Boating Association), l’associazione nautica europea di cui fa parte anche la Federazione Italiana della Vela. Il prestigioso organismo ritiene infatti che i requisiti per il rilascio della patente nautica debbano essere di competenza dei vari stati membri dell’Ue in accordo con l’Imo, l’organizzazione marittima internazionale. Una posizione molto netta quella dell’Eba. Tanto che l’associazione ha rilasciato recentemente un comunicato in cui “esorta” gli organismi europei a non cercare di introdurre un proprio regime di abilitazione nautica per l’UE, ma piuttosto a incoraggiare l’adozione di un Certificato Internazionale per operatori di imbarcazioni da diporto, da affiancare, per chi vuole, ai titoli nazionali. Una sorta di Icc continentale. Questo perché lo sviluppo di un’unica licenza UE per le imbarcazioni da diporto “richiederebbe notevoli sforzi burocratici e finanziari. Ciò aumenterebbe sicuramente i costi di partecipazione e quindi potrebbe scoraggiare le persone dall’andare in barca”.

Mosaico di patenti o patente unica?

Quindi l’Europa è destinata a restare con un mosaico di patenti nautiche? Forse no. Perché le istituzioni UE il problema della libera circolazione dei diportisti se lo stanno ponendo. È dello scorso aprile, per esempio, l’incarico che la Commissione Europea ha affidato a una società demoscopica per effettuare un sondaggio per capire come integrare le patenti nautiche che esistono nel Vecchio Continente.

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Il sondaggio, effettuato online, prevedeva due categorie di utenti: operatori del settore e diportisti. A quest’ultimi si chiedeva di descrivere la propria esperienza di proprietari di barche (o di charteristi) e di valutare due ipotesi: il riconoscimento automatico e reciproco delle patenti dei vari Stati, o l’introduzione di una patente unica europea. I risultati ancora non sono stati diffusi. Forse perché nel frattempo nel mese di giugno ci sono state le elezioni europee, dove però il tema “patenti nautiche” è stato comunque presente. Merito anche dell’Ebi (European Boating Industry), l’influente associazione europea delle industrie nautiche della quale fa parte anche l’italiana Confindustria Nautica.

L’Ebi ha infatti pubblicato un manifesto rivolto a tutti i candidati per il Parlamento Europeo con cinque obiettivi da sviluppare nel loro mandato tra il 2024 e il 2029 per rilanciare la nautica. Uno di questi riguardava proprio l’apertura delle frontiere interne dell’Europa ai diportisti, con un maggiore riconoscimento reciproco delle patenti nautiche e dei titoli di skipper professionista.

A smuovere le acque, inoltre, ci ha pensato il 29 ottobre il parlamentare europeo Daniel Attard con una interrogazione alla Commissione in cui oservava: “I cittadini europei possono facilmente guidare in tutta Europa con la loro patente di guida, ma navigare oltre confine con la loro patente nautica rimane una sfida. Come intende la Commissione stabilire il riconoscimento delle patenti nautiche in tutta l’UE e introdurre un sistema armonizzato di patenti nautiche-licenze o un sistema di riconoscimento reciproco nell’UE?”.

Un appello che sembra non essere caduto nel vuoto, se l’olandese Wopke Hoekstra, neo Commissario europeo per l’azione per il clima ha poi confermato l’esistenza di “uno studio in atto per analizzare i potenziali vantaggi e svantaggi di un possibile riconoscimento reciproco delle patenti nautiche per gli operatori di imbarcazioni da diporto”. Studio che dovrebbe essere presentato alle parti interessate e agli stati membri nella prima metà del 2025. Forse per i diportisti europei la libera circolazione nei mari non è un approdo così distante.

Fabrizio Coccia

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