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Dall’estate del 2021 il governo francese vieta l’ancoraggio vicino alla costa ai mega yacht con pene severe per i trasgressori. In Italia, invece, oltre alle Aree marine Protette, c’è il “Far West” oppure norme locali estemporanee e prive di visione.
Megayacht e posidonia
Per noi amanti del diporto, il Mediterraneo è un grande “parco giochi”. La destinazione ideale per crociere, uscite lungo costa e soste in rada. Abbiamo a disposizione migliaia di chilometri di litorali, isole e arcipelaghi, baie da sogno, acque temperate e splendidi borghi marinari. Ma il “Mare Nostrum” è anche un ambiente fragile, da troppo tempo vittima di inquinamento, invasione di microplastiche, pesca illegale e abusi di ogni tipo.
Per preservarlo serve una nuova coscienza ambientale e politiche di governo efficaci. Così come leggi severe che ne limitano l’utilizzo sfrontato, pene certe in caso di violazioni e controlli delle autorità marittime. Una delle restrizioni più recenti nel settore del diporto è stata applicata in Francia e riguarda in particolare i megayacht. La nuova normativa è in vigore già dall’estate del 2021 e vieta alle barche da diporto di lunghezza superiore ai 24 metri fuori tutto di ancorare vicino alla costa. Il litorale interessato dal divieto è quello della Costa Azzurra per un tratto di circa 25 miglia che comprende mete simbolo del turismo nautico, tra cui Cap d’Antibes, Cannes, Juan les-Pins, le isole Lerins e La Napoule.
La legge è applicata anche in altre località francesi come Nizza, Cap Ferrat, Villefranche, Cap Martin e la parte meridionale della Corsica. E per chi non obbedisce, pugno di ferro: armatori e comandanti sopresi a violare i limiti di ancoraggio vengono sanzionati con multe fino a 150.000 euro, un anno di prigione, il sequestro della barca e un divieto di navigazione nelle acque territoriali francesi.
Scopo di questa dura legge francese è la salvaguardia dei fondali e soprattutto le praterie di posidonia dai danni causati dagli ancoraggi. Durante la sosta in baia infatti l’ancora di un megayacht a causa del brandeggio, le correnti e i cambi di vento, può arrivare a distruggere circa 1.000 mq di posidonia.
Un disastro ecologico enorme considerato che la posidonia ricresce molto lentamente di pochi centimetri l’anno. Secondo le recenti stime, sono circa 1.800-2.000 le barche dai 24 ai 45 metri di lunghezza che ormeggiano in Costa Azzurra, per cui secondo le autorità francesi era bene correre ai ripari.
Non solo i megayacht fanno danni
La Francia peraltro non è l’unico Paese del Mediterraneo a prevedere norme restrittive sull’ancoraggio di barche e yachts per i potenziali danni di fondali e praterie di posidonia. Leggi altrettanto severe vigono per esempio in Spagna, in particolare nelle isole Baleari o in Croazia. Del resto la Posidonia occupa appena il 3% del Mediterraneo e sparisce a vista d’occhio. I ricercatori stimano che nel Mare Nostrum negli ultimi 50 anni sia già sparito il 34% di Posidonia e la sua velocità di regressione è del 5 per cento all’anno. Quindi ben vengono norme per la salvaguardia di questa preziosa pianta marina. Resta ora da fermare l’impatto anche delle barche sotto i 24 metri. Il loro impatto è sicuramente minore rispetto ai mega yachts, ma rappresentano oltre il 95% di tutte le unità da diporto.
In Italia manca una normativa unitaria e lungimirante
E in Italia cosa succede a riguardo? Nel nostro Paese è stata recepita la direttiva europea n. 43/92 CEE relativa alla “conservazione degli habitat naturali e semi-naturali e della flora e della fauna selvatiche”, quindi la Posidonia è a tutti gli effetti una specie protetta. Spessa applicazione in acque e coste italiane vale per la Convenzione di Berna del 1979 relativa alla “Conservazione della vita selvatica dell’ambiente naturale in Europa” e per la Convenzione di Barcellona del 1995 per la protezione del Mediterraneo dall’inquinamento.
Quanto ai divieti di ancoraggio, tuttavia, i diportisti italiani si ritrovano a fronteggiare una tutela a “macchia di leopardo”. Ci sono Aree Marine Protette in cui la navigazione è completamente proibita, anche a barche piccole, e zone libere che sono la versione nautica del “far west”, con barche e mega yachts ormeggiati a pochi metri dalla costa. O ancora entrano in vigore restrizioni massicce ed estemporanee, come di recente sta accadendo sull’isola di Capri, dove a partire dalla prossima estate sarà istituita una nuova area marina protetta che circonda i Faraglioni e che limiterà fortemente la navigazione e l’ormeggio in questo tratto di costa.
Posidonia, le buone pratiche all’ancoraggio
Al di là di restrizioni e divieti noi diportisti possiamo contribuire alla tutela della Posidonia in molti modi. Innanzitutto conoscendo le aree nostrane dove si trovano le praterie di Posidonia. Parliamo di Sardegna occidentale, per esempio l’Arcipelago di La Maddalena, e poi di Sicilia, da Capo Feto alle Isole Egadi che ospitano quella che è considerata la prateria di Posidonia più grande e meglio conservata del Mediterraneo. Poi ancora l’area di Portofino, l’Arcipelago Toscano, le isole Pontine, Ischia e la parte settentrionale del Golfo di Napoli. Lungo le coste dell’Adriatico meridionale, la Posidonia si trova invece in Puglia nelle zone di Brindisi, Lecce e nelle Isole Tremiti.
Dopodiché durante le soste e gli ancoraggi in rada occorre evitare di calare l’ancora su una prateria. Anche un piccolo “ferro” può infatti strappare radici, fusti e foglie di questa pianta marina. È bene anche non scaricare in mare le acque nere e le acque grigie. Così come non gettare rifiuti, in particolare plastica, detergenti, creme solari, olii, idrocarburi e altri liquidi tossici che andrebbero a contaminare il mare circostante e le praterie di Posidonia.
Dove sta la Posidonia? Te lo dice una App
Proprio per cercare di limitare il fenomeno degli ancoraggi distruttivi della Posidonia tutti i diportisti possono utilizzare Donia, un’applicazione gratuita che permette di individuare i siti di ancoraggio liberi dalle praterie così da non danneggiarle con ancore e catene. Disponibile su smartphone e tablet, Donia indica la natura del fondale, la profondità, la regolamentazione in mare, le immagini satellitari ma anche i porti e soprattutto le zone di ancoraggio.
Perdere la Posidonia vuol dire avere un Mediterraneo più povero di ossigeno, salute e biodiversità. Il che si traduce anche in un danno che coinvolge l’intera collettività del Mediterraneo, non solo i diportisti. Noi però amiamo il mare più degli altri e possiamo dare il buon esempio.
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