Dici Fokker e pensi agli aerei, ai mitici biplani delle prima guerra mondiale, a quello del “Barone Rosso”. È però decisamente meno nota la passione per la nautica di Anthony Fokker, pioniere dell’aviazione, imprenditore e inventore. Negli anni ‘30, insieme al progettista navale William Atkin, immaginò e realizzo il Q.E.D., un futuristico e innovativo 33 metri a motore.
Q.E.D. ( Quod Erat Demonstrandum, Come Volevasi Dimostrare) fu costruito dalla Consolidated Shipbuilding Corporation a Morris Heights, New York City e varato il 20 giugno 1938. Anthony Fokker era ossessionato dai concetti di leggerezza e aerodinamicità che applicò rigorosamente per la realizzazione del suo yacht.
Lo yacht di Fokker. Leggero e veloce
Lo yacht di Fokker. aveva infatti delle linee a siluro, ed era costruito con criteri decisamente all’avanguardia per la nautica dei tempi e la commistione con il mondo aeronautico era evidente. Era realizzato in mogano africano per lo scafo e compensato alleggerito aereonautico per le strutture interne. Alcuni elementi strutturali e la tughetta superiore erano in alluminio.
Lo scafo era stato diviso in nove compartimenti stagni e molta attenzione fu data alla riduzione di rumori e vibrazioni. Era lungo esattamente 33,53 metri, pesava 66 tonnellate (circa la metà di un 33 metri da crociera veloce di oggi) viaggiava ad una velocità di crociera di 16-17 nodi e poteva raggiungere una massima di 29 nodi. Sofisticato il sistema propulsivo…
Q.E.D. La barca di Fokker aveva 5 motori a bordo
Oltre al motore principale, un Vimalart V-2500-1 12 cilindri da 800 CV, usato per le lunghe navigazioni, c’erano due Wright Typhoon Capitol da 600 CV (in una fase successiva Wright Cyclones raffreddati ad aria) per poter raggiungere la velocità massima. Per alimentare i sistemi di bordo e per la ventilazione a bordo dello yacht di Fokker fu installato un motore Ford V-8 separato (e un ulteriore V-8 era presente come propulsore “di rispetto”, da utilizzare a seconda delle necessità).
L’ancora a fungo di Fokker
Tra le innovazioni anche una grande ancora “a fungo” a scomparsa che, insieme alla catena, trovava posto poco a prua del centro dello scafo, per concentrare e abbassare il dislocamento (interessante pensare come poi sia stato ripreso in tempi ben più moderni da altri cantieri, a cominciare da Wally).
Sia la parte prodiera che quella di poppa del main-deck erano apribili e nascondevamo al loro interno lo spazio per dei motoscafi, delle canoe e altri oggetti galleggianti, con tanto di gruette per il loro alaggio e varo. Come diremmo adesso, tutto il necessario per gestire una gran numero di “water toys”.
Lo yacht di Fokker: una fine prematura…
Il Q.E.D. di Anthony Fokker purtroppo non ebbe una vita lunga. Nell’ottobre del 1939 bruciò e affondò nel fiume Hudson. Lo stesso anno, a soli 49 anni, morì di meningite anche il suo inventore e armatore. A dir poco premonitorie le sue parole al momento del varo del suo 33 metri: “Desidero dimostrare che il mio yacht, introducendo nuovi principi, rivoluzionerà e darà nuovo impulso all’industria navale… Spero che possa essere obsoleto entro due anni. Questo è il modo in cui costruiamo gli aeroplani. Non appena li completiamo, sono già superati. Questo è un bene. È il progresso. Oggi ci sono troppi yacht che sopravvivono ai loro proprietari…”
di Luca Sordelli
1 commento su “Negli anni ’30 lo yacht di oggi esisteva già. La storia del QED di Fokker”
Articolo molto interessante sotto diversi profili.
Innanzitutto a mio parere dimostra come al giorno d’oggi la nautica commerciale non proponga in realtà nulla di particolarmente innovativo rispetto a quanto già “ideato” in passato da alcuni progettisti. Un tanto sia in riferimento alla progettazione delle linee dell’opera morta che della parte immersa (chi ha la possibilità di sfogliarsi le riviste nautiche degli anni ’60 del secolo scorso può trovare alcuni articoli dove si commentava l’introduzione degli hydrofoils tanto su imbarcazioni a vela che su quelle a motore). A quanto apprendo da questo articolo anche alcuni accorgimenti quali l’apertura dello scafo per la collocazione del tender o dei “water toys” non costituiscono innovazioni.
Preso atto di un tanto viene spontaneo chiedersi quali siano i motivi per cui certe idee poi non hanno trovato terreno fertile nel mondo della produzione nautica se non nei ns. giorni. Costi produttivi (e manutentivi) eccessivi per l’epoca? Scarsa fiducia da parte dell’utente per idee che forse a quei tempi erano considerate troppo spinte? O forse certa utenza di oggi è più incline di quella di un tempo ad acquistare yacht che propongono soluzioni esteticamente e tecnologicamente affascinanti a tutto beneficio (economico) per i produttori ed i manutentori degli stessi?!
Ancor più interessanti e stimolanti le dichiarazioni dell’armatore di Q.E.D. perchè, se è incontestabile che il progresso si nutre necessariamente di nuove idee e di sperimentazioni, d’altro canto mi viene spontaneo osservare come le barche più longeve, ed invero anche più “sicure” in mare, siano quasi sempre quelle costruite secondo criteri che si ispirano alla robustezza dei materiali ed alla semplicità costruttiva.
Probabilmente la verità, come sempre, sta in mezzo.
Grazie ancora alla Redazione per questi interessanti articoli.