Quando un’auto arriva alla fine del suo ciclo viene rottamata. Nelle barche invece la trafila è diversa. Molto diversa. Spesso si vedono grandi “cimiteri” di semi relitti abbandonati al loro destino. Alcune diventano occasioni imperdibili per vari motivi (su tutti il bassissimo prezzo) di chi vuole “sporcare le mani” a refittarle. Altre invece hanno subito danni (mareggiate, incidenti, ecc.) troppo estesi per essere risistemate ad un prezzo accessibile. Una soluzione ci sarebbe, demolirle, ma spesso è altrettanto complicato.
Quanto costa demolire le barche in Italia?
Quello che dovrebbe essere evitabile, invece, sono i costi di demolizione delle barche: in una nostra inchiesta avevamo fatto il punto sull’iter da seguire quando si decide di affidare la propria barca al rottamatore e come funziona lo smaltimento.
Burocrazia a parte, se per disfarsi di un 40 piedi si arrivano a spendere fino a 7.000 euro, ecco che possiamo capire il perché di tante cose. Perché ci sono zone d’Italia (a noi vengono in mente le foci fluviali, come quella dell’Arno o del Tevere) che sono dei veri e propri cimiteri di barche semidistrutte, perché trovate scafi allo sfascio nei piazzali delle campagne (e magari lo spazio è stato affittato in nero, con buona pace del fisco), perché c’è chi, in barba alla legge, decide di affondare la barca piuttosto che affrontare i costi di demolizione e l’affitto del posto barca.
La soluzione? Sarebbe semplice
La soluzione ci sarebbe e ce l’abbiamo davanti agli occhi da anni. Si chiamano incentivi statali alla rottamazione. Sono quelli a cui siamo abituati nel mondo delle automobili: sono quelli che ti fanno dire “ma si, ora è il momento giusto per cambiare macchina” e che fanno girare l’economia.
Pensate ai vantaggi: dando indietro la vostra vecchia barca obsoleta, oltre a dimenticarvi delle pratiche burocratiche e dei “verdoni” che sareste costretti a sborsare per demolirla, potreste approfittare di uno sconto su quella nuova.
Questo darebbe nuova linfa al mercato. Senza dimenticare la spinta al settore delle aziende specializzate nella rottamazione (ad oggi, pochissime), che avrebbero così una forte convenienza a trovare soluzioni eco per lo smaltimento della vetroresina.
E addio cimiteri di barche. Come potrebbe insegnare qualsiasi economista da bar, è tutto collegato e la soluzione è molto semplice. Sta al governo metterla in atto, magari bussando alle porte dell’Unione Europea per ottenere fondi.
Eugenio Ruocco
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