Rottamazione barche: perché non facciamo come in Francia?

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Demolizione barca
Demolizione barca

Il 2025 è iniziato da poco dopo un anno ricco di passi avanti per il mondo del diporto italiano. Parliamo del patentino nautico, dell’aggiornamento delle dotazioni necessarie e del titolo semplificato per gli ufficiali di 2^ classe per, in soldoni, poter fare lo skipper in regola. Ci sono ancora, però, tanti temi irrisolti, ma che meritano attenzione perché riguardano tutti.

I problemi principali sono nella burocrazia, nelle leggi che complicano la vita, in obblighi spesso troppo onerosi, negli approdi insufficienti e negli scarsi servizi che rendono meno attraente e semplice la vita in barca.

Come rivista insieme con il Giornale della Vela, vogliamo tenere l’attenzione su alcune tematiche, con le relative soluzioni, per migliorare il settore rendendo la nautica (e il turismo nautico) rendendolo più pratico per un pubblico che potenzialmente è enorme. In più episodi, parleremo di tanti temi che affliggono la nautica e delle nostre proposte per risolverli.

Barche: quale fine vita? Il modello francese

Se ne parla troppo poco, ma il problema dello smaltimento- rottamazione-riciclo delle unità da diporto non è un tema secondario. Sono tantissime le imbarcazioni e i natanti che vengono abbandonati nei porti e sul litorale, fatte colare a picco o perfino bruciate.

Questo da una parte causa danni molto gravi danni all’ambiente, alla vita marina o nella migliore delle ipotesi occupando spazi preziosi e deteriorando il paesaggio. Il fatto è che quando la barca non è più utilizzabile, per il proprietario si aprono poche opzioni: o lo smaltimento e il riciclo o l’abbandono. E purtroppo, considerando costi e difficoltà per la prima scelta, tanti ripiegano sulla seconda. Da anni associazioni nautiche, porti, cantieri, organizzazioni ambientali, enti di ricerca, istituzioni europee e nazionali studiano il problema, fanno convegni, ma senza offrire soluzioni concrete.

Come funziona la “rottamazione barche”

La nostra proposta: avviare un censimento delle barche abbandonate coinvolgendo amministrazioni locali, porti e autorità marittime. Creare una filiera di strutture per smaltire le unità da diporto sul modello dell’Aper (Association pour la Plaisance Eco-Responsable) francese dove l’operazione sia gratuita per il singolo armatore. Stabilire convenzioni con società di trasporto per agevolare lo spostamento delle barche nei centri di smaltimento.

Fabrizio Coccia

I temi nei prossimi episodi:

  • Titolo di skipper professionista
  • Registro telematico
  • Porti turistici e posti barca
  • Riserve marine
  • Bandiera estera: italiana o straniera?
  • Patente nautica: è allarme tariffe
  • Patente nautica su app
  • Patente nautica europea
  • Regioni: risorsa per il diporto
  • Natanti all’estero
  • Kit Pronto Soccorso
  • Nautica sociale
  • Promozione della nautica
  • Controlli in mare
  • Zattere di salvataggio

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10 commenti su “Rottamazione barche: perché non facciamo come in Francia?”

  1. Claudio

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    Trovo che sia un aspetto da organizzare quanto prima ,visto che il parco nautico e’ abbastanza obsoleto .
    C’è troppa speculazione nello smaltimento ,avere un tipo
    Di servizio sarebbe interessante ..

    1. Ott

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      Figuriamoci se in Italia penseranno a qualcosa di sensato . Lasciamo fare alla Santadeche

  2. Marcello de Majo

    The Real Person!

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    Ottimo articolo che non porta a niente perché e si sa se non si coinvolgono i politici non si va da nessuna parte e credo che l’ influenza giornalistica , per altro di settore , non raggiunge lo scopo .

  3. Massimo Galli

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    Finalmente si tocca un tema importante, con proposte intelligenti

  4. Desiderio rizzi

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    Soluzione: Smettere di utilizzare la vetroresina per la costruzione di una barca.Visto che non c’è modo di riciclarla!

  5. Andrea

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    Forse bisognerebbe inserire nel prezzo di vendita una percentuale per lo smaltimento a fine vita della barca a favore di società deputate a tale scopo.

    1. nello

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      Strada giusta.

  6. Chris

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    Santa missione! Anni fa un amico ha comprato in 15m con bandiera francese abbandonato a Spezia perchè da 2 anni il proprietario era morto di Covid e gli eredi in Italia neanche sapevano esistesse. Almeno in Spagna le capitanerie pubblicano gli elenchi delle barche abbandonate nei porti all’asta

  7. Pippo

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    La soluzione è smettere di produrre barche in VTR… Perché non è in alcun modo riciclabile (da questo dipende in gran parte, il costo esoso per lo smaltimento), e gli effetti nefasti che vediamo oggi sono solo il preludio, perché relativo nella maggior parte dei casi alle prime costruzioni in VTR, o a barche incidentate che non vale la pema far sistemare…

    Leggo che quando la barca è a fine vita, le opzioni per l’armatore sono 2: lo smaltimento, o l’ abbandono…. No no….L’opzione è una…Lo smaltimento! Chi si è goduto per molti anni una barca in VTR (i soldi ce li ha…) può tranquillamente pagarsi lo smaltimento quando arriva a fine vita… Chi si compra oggi, a 3 lire, un plasticone degli anni 70, due domande dovrebbe farsele… E non seguire la vulgata comune tra i diportisti, che la VTR è ETERNA! …di lì a breve resterà col cerino in mano, e coi soldi risparmiati sull’acquisto, può anche lui pagarsi lo smaltimento…

    Curiosità: se l’armatore non dovrebbe avere oneri per lo smaltimento, i costi per lo smaltimento chi se li dovrebbe accollare?? Stanziamo fondi pubblici per smaltire un bene che si è goduto un privato??? …..voi non state bene…E nemmeno in Francia a quanto pare…..

  8. Gian

    The Real Person!

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    Ogni natante, piccolo o grande, dovrebbe avere un numero di registrazione e, di conseguenza, un proprietario che ne é responsabile, pena il sequestro…
    Vale anche se ereditato…

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