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Neanche il tempo di entrare in vigore e già le nuove tariffe minime per le scuole nautiche finiscono nella tempesta. Dal 31 ottobre, infatti, le strutture che preparano i futuri comandanti alla patente da diporto devono applicare i nuovi importi fissati dal decreto ministeriale n. 142 del 30 agosto 2023. Ma il Tar del Lazio, con un’ordinanza del 18 giugno (pubblicata il 23 ottobre), ha sollevato seri dubbi di legittimità costituzionale sull’intero impianto normativo, rinviando la questione alla Corte costituzionale. Le nuove tariffe resteranno quindi in vigore, ma il loro futuro è alquanto incerto.
Patenti nautiche, una stangata per chi vuole conseguirle
Al centro della disputa c’è il decreto sulle scuole nautiche, un regolamento pensato per disciplinare e uniformare il settore ma che ha introdotto anche una vera rivoluzione commerciale: un tariffario unico nazionale.
In pratica tutte le scuole della Penisola, da Milano a Sciacca, dovranno applicare gli stessi prezzi minimi per i corsi di preparazione alla patente, senza margini di flessibilità legati a differenze di costi locali o alle dinamiche di mercato.
– 1.100 euro per le patenti A, C o D2 entro 12 miglia,
– 1.400 euro per la patente A, C, D2 senza limiti dalla costa.
Importi spesso superiori a quanto si poteva trovare finora su piazza e che in ogni caso non consentono una vera libera concorrenza tra le scuole. Le cifre del tariffario comprendono un minimo di lezioni di teoria (5 per patente D1; 20 per patente A, C e D2 entro 12 miglia; 40 per patente A, C e D2 senza limite dalla costa) e almeno 5 ore di pratica, ma escludono le spese amministrative (presentazione della domanda di ammissione all’esame, di rilascio della patente nautica e del certificato medico) e il costo minimo, fissato anche questo a 90 euro l’ora, per eventuali lezioni pratiche supplementari di vela o motore.
Il decreto, anche se approvato due anni fa, prevedeva che le scuole già in attività si adeguassero entro 2 anni (31 ottobre 2025) forse per questo molte norme erano passate quasi inosservate. Ma una scuola nautica romana, “Altura”, ha subito deciso di opporsi.
Abituata ad applicare tariffe più contenute ha impugnato il provvedimento davanti al Tar del Lazio contestando non solo il tariffario, che secondo loro viola i principi di libero mercato, fa impennare i prezzi e rischia di allontanare i neofiti dal mondo della nautica, ma anche il nuovo requisito patrimoniale minimo di 50.000 euro imposto alle scuole. Inoltre viene posta in discussione la legittimità stessa dei decreti legislativi che hanno dato origine al provvedimento in questione.
A difendere il decreto di fronte al Tar si sono schierati quattro ministeri (Infrastrutture, Economia, Istruzione e Imprese) affiancati dall’Avvocatura dello Stato più Confarca, associazione di categoria delle autoscuole. Tra le argomentazioni a favore, il fatto che i prezzi minimi servono a evitare la concorrenza sleale, a garantire la qualità dei corsi e a fornire un parametro oggettivo per valutare i ricavi delle scuole. Il requisito patrimoniale dei 50.000 euro sarebbe invece giustificato anche dal rischio di impresa dell’attività classificato “medio”.
La decisione del Tar, però, ha sorpreso tutti: i giudici non hanno accolto né respinto il ricorso, ma hanno sospeso il giudizio rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale, chiamata ora a stabilire se il Governo sia effettivamente andato oltre il mandato ricevuto dal Parlamento, introducendo vincoli economici e tariffe non previsti dalla legge delega. Fino alla sentenza della Consulta, il futuro delle tariffe minime e del capitale minimo resta quindi sospeso tra le onde dell’incertezza.
Il business delle patenti nautiche
Secondo gli ultimi dati del ministero delle Infrastrutture, in Italia nel 2024 sono state rilasciate 21.716 patenti nautiche, delle quali circa il 70 per cento entro le 12 miglia dalla costa. Numeri che alimentano un elevato giro di affari che, ai prezzi del tariffario ministeriale, può essere stimato in circa 26 milioni di euro. Una stima per difetto, visto che non tiene conto delle uscite pratiche extra o di chi applica tariffe più alte.
Insomma una torta ricca e contesa che negli anni ha acceso più di una disputa tra scuole nautiche, associazioni ed enti nautici, tutti in cerca di una fetta di business. Un mercato prospero dove a farne le spese rischiano di essere aspiranti skipper e futuri armatori, costretti ora a confrontarsi con costi di preparazione sempre più elevati. Un paradosso che rischia di affondare l’idea di una nautica davvero accessibile e popolare.
Per i privatisti
Ovviamente, per chi decide di affrontare l’esame da privatista, nulla cambia rispetto al passato per la teoria. Potrà studiare “da casa” sulla base delle domande d’esame pubblicate sul sito del ministero e affrontare l’esame teorico. Ma per accedere alla pratica dovrà comunque aver svolto 5 ore certificate presso una scuola nautica, che, stando alle tariffe minime, costerà non meno di (90 euro l’ora per cinque ore) 450 euro.
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