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La nuova generazione Fiart ha cambiato il paradigma di barca aperta. Ecco tutti i segreti del P52 firmato da Stefano Pastrovich. Apprezzo i cantieri che hanno il coraggio di innovare. Di uscire dallo standard e di creare nuovi paradigmi. Di avere la sensibilità giusta per cui, oltre al gusto, è necessaria anche una buona dose di tempismo. L’idea geniale al momento sbagliato non funziona. Fiart non solo comincia, ma persevera anche nella gamma realizzata con il designer Stefano Pastrovich, la linea P.
Fiart P52
Protagonisti sono i nuovi P52 e P58 che, a mio avviso, rappresentano tra i migliori esempi di open moderno oggi sul mercato come compromesso tra linea e vivibilità. L’armatore ha aspettative alte, vuole i volumi sottocoperta, un ponte principale extra-large dove ognuno può avere la sua privacy, ma essere al contempo “connesso”.
Fiart P52
E, perché no, pure una linea filante che non guasta mai. Sono elementi apparentemente inconciliabili tra loro, ma solo se si rimane legati agli stessi schemi di sempre. “E allora cambiamoli!” deve essersi detto probabilmente Pastrovich, davanti a queste esigenze. Il designer qui gioca un ruolo fondamentale con il suo retroterra nel mondo dei superyacht. Questa esperienza si declina sulla gamma intera, ma oggi ci concentriamo sul P52. Il primo elemento in controtendenza che si nota salendo è l’assenza di camminamenti laterali. In realtà si può passeggiare sulla parte superiore della murata che è coperta da uno strato di antiscivolo e questo è utile al momento di ormeggiare.
Fiart P52
Com’è pensato questo open di 16 metri
Intanto, però, tutti i 4.63 metri di baglio (per 15 e 93 di lunghezza) sono sfruttati per la vivibilità. La modularità che è uno dei punti di forza di tanti modelli di queste dimensioni qui viene addirittura superata. Si vuole prendere il sole? Ci sono due prendisole a poppa ed un prendisole incassato a prua, avvolgente a mo’ di “vasca” che permette di sdraiarsi in disparte rispetto al resto della barca, divisi anche fisicamente dal parabrezza con porta centrale. Si vuole stare all’ombra, per un momento “chill”?
C’è un intero tavolo con una chaise longue a destra. Tutto questo, di fatto, permette ad ognuno di poter godere come vuole la barca senza bisogno di spostare o traslare niente. Tutto è collegato e connesso, ma senza rinunciare alla privacy fondamentale nelle navigazioni più lunghe. La cucina è subito alle spalle della plancia di comando e da qui è possibile servire direttamente il tavolo con il grande divano a C.
Una poppa modulare
La modularità, in ogni caso, è propria di questo yacht a partire dalla piattaforma di poppa che è dotata di un sistema di movimentazione grazie a cui la porzione centrale diventa una scala per l’accesso al mare o alla banchina. Quello che apprezzo particolarmente mentre siamo seduti sotto l’hard-top è la sensazione di ariosità e di protezione allo stesso tempo.
Non serve l’aria condizionata per scongiurare l’effetto serra, anche grazie al portellone centrale nel parabrezza con cui si accede a prua. Qui c’è forse l’unico elemento che non mi ha convinto durante la prova, cioè la presenza di vari montanti per tutta la struttura del parabrezza che limitano un po’ la vista. A questo proposito il cantiere ci ha tenuto a rassicurare sul fatto che fosse una versione provvisoria, messa in mancanza di quella definitiva, e che per i modelli successivi ne avrebbero avuto una più snella.
Sottocoperta
Prima di parlare della navigazione, facciamo un salto sottocoperta che è il co-protagonista di questa serie. Le linee esterne, infatti, sono fatte per poter avere interni con volumi importanti, da grande yacht da crociera con due cabine matrimoniali molto ampie.
Inoltre ogni cabina ha un bagno con il suo box doccia separato. Potrei parlarvi, ora, di come mi sono piaciuti i materiali, dai legni ai tessuti, e della bella sensazione “calda” che trasmettevano, ma è un discorso molto soggettivo. Più utile, invece, dirvi che grazie al programma Bespoke di Fiart, è possibile scegliere tra molti layout, colori e abbinamenti, finiture e in parte anche configurazione degli interni. Insomma, in base ai vostri gusti potrete allestire il vostro P52 (o un altro modello del cantiere) e renderlo unico.
Come naviga il Fiart P52
Veniamo ora al test di navigazione. Mattina presto, le poche nuvole dei giorni precedenti le ha spazzate via una tramontana che, nel frattempo, ha spianato anche il mare. Condizioni ideali per navigare. A spingere questo scafo ci sono due Volvo Penta IPS 800 con D8 da 650 cavalli. A bordo siamo in 7 e abbiamo il 75% del carburante su un serbatoio da 2.000 litri e 400 litri d’acqua su 650 totali imbarcabili.
Insomma, siamo piuttosto carichi. Del parabrezza ho già accennato prima, ma a parte quello, la barca è divertente da governare e si mostra reattiva nonostante la stazza notevole con 21 tonnellate di dislocamento. Il passaggio sulle onde che ci creiamo facendo un cerchio in virata è tranquillo, senza particolari criticità. La velocità di crociera comoda durante il test per me è stata intorno ai 26 nodi con i motori a 2500 giri ed un consumo complessivo di 170 litri per ora.
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1 commento su “TEST – Fiart P52, l’open controcorrente di 16 metri”
The Real Person!
Consumo incredibilmente basso, bravi!